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Con la crisi si perdono le idee di uguaglianza e di pensiero critico

«Dire ciò che è, rimane l’atto più rivoluzionario»: la citazione di Rosa Luxemburg apre questo libro* –significativamente dedicato ai nipoti – dal sociologo ed economista Luciano Gallino, pochi mesi fa purtroppo scomparso, dopo essere stato autore di preziosi studi e docente all’Università torinese di molte generazioni, e anche della sottoscritta, che tanto ha potuto imparare dal suo insegnamento dottissimo e intriso di risvolti etici. Lo ricordiamo insieme alla moglie, la docente di Psicologia Tilde Giani, anch’essa attenta ai problemi della vita concreta e a tanti aspetti della condizione femminile: qualche anno fa la ospitammo a un affollatissimo dibattito nell’aula consiliare a Torre Pellice sulla violenza alla donna.

Un libro come un viatico, dunque, quest’ultima opera dello studioso, in cui la complessa situazione economica internazionale attuale è delineata con la consueta magistrale chiarezza per il «lettore qualunque». Tanto più oggi per chi, non specialista, volesse cercare di capire qualcosa di questa attuale gravissima «crisi nella crisi», che colpisce tanti cittadini italiani, già provati dalla esasperata finanziarizzazione, e degli esiti della tremenda situazione che ci attanaglia dal 2008, definita da molti commentatori peggiore di quella del 1929. E questo indipendentemente dalle opzioni politiche che se ne possono trarre, e pur sapendo che molti possono essere i diversi approcci degli specialisti.

Cinque capitoli dai temi attualissimi: «La doppia crisi del capitalismo e del sistema ecologico»; «Il ruolo della finanza: com’è e come dovrebbe essere»; «Unione europea. L’austerità come progetto politico»; «Italia. Perché la nostra crisi è peggio delle altre»; «Alla ricerca di alternative». Lo studioso affronta le tappe di quella «ingegneria finanziaria» che «ha creato centinaia di nuovi titoli che diversamente dai titoli tradizionali non sono appoggiati a nulla, donde il nome di “capitale fittizio”. Sono solamente delle scommesse riguardo alla probabilità che in futuro si verifichi un evento che premia o punisce l’acquirente del titolo…». Per fare un esempio concreto, l’autore riporta una serie di cifre che possono dare un’idea «del volume di titoli che non hanno altra base se non un’ipotesi su un futuro scollegato da qualsiasi attività produttiva (…). Nel 2010 la commercializzazione del futuro come merce corrispondeva a 20 volte l’insieme della ricchezza prodotta dal mondo intero in un anno». E Gallino ne vede una delle maggiori radici di quella da lui denominata «Grande crisi globale» che attualmente viviamo.

Lo studioso affronta anche il ruolo dei manager, che possono trovarsi davanti all’alternativa se «investire tot milioni nella realizzazione di un nuovo reparto il cui rendimento si vedrà, se tutto va bene, dopo un anno o più, oppure spenderli nel ri-acquisto di azioni della propria stessa impresa, un’operazione che in genere fa salire il valore di questa in borsa nel giro di 24 ore (…). Le infinite occasioni di produrre capitali fittizi speculando, mediante alchimie finanziarie, su un futuro privo di contenuti reali hanno prodotto un’altra grave distorsione nel governo delle imprese. I compensi ai manager hanno raggiunto livelli stratosferici, a fronte del fatto che ciò che di essi i proprietari apprezzano non è la competenza nel produrre alcunché, bensì la capacità di far crescere comunque il valore in borsa dell’impresa». Anche questa distorsione è sotto gli occhi di tutti, e aumenta la sempre più grave disuguaglianza sociale.

 Non possiamo qui addentrarci in tanti significativi argomenti, ma suggeriamo di rifarsi almeno alla prefazione che dal titolo è già un programma: «Perché la crisi non è quella che vi raccontano», in cui Gallino esprime con amara lucidità, rivolto ai suoi nipoti, ma anche a tutti noi che lo leggiamo «quella che è stata per certi versi la storia di una sconfitta politica, sociale, morale che è la mia, ma è anche la vostra (…). In realtà noi siamo stati battuti due volte. Abbiamo visto scomparire due idee e relative pratiche che giudicavamo fondamentali: l’idea di uguaglianza e quella di pensiero critico. Ad aggravare queste perdite si è aggiunta, come se non bastasse, la vittoria della stupidità».

Lasciamo alla curiosità intellettuale del lettore affrontare lo sviluppo di queste perdite: a conclusione della prefazione, in cui lo studioso già le illustra, troviamo le parole finali, che sono una dedica e un’indicazione: «Considerate questo piccolo libro un modesto tentativo volto ad aiutarvi a coltivare una fiammella di pensiero critico nell’età della sua scomparsa». Il che non è affatto poco.

* Luciano Gallino, Il denaro, il debito e la doppia crisi spiegati ai nostri nipoti. Torino, Einaudi, 2015, pp. 200, euro 18,00.

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