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La confessione cattolica al (tele)comando

Il 24 febbraio è stato presentato alla Camera dei Deputati il V rapporto sulle confessioni religiose e tv della Fondazione Critica Liberale che prende in esame la presenza delle religioni nelle principali televisioni nazionali. Dal rapporto emerge come nei programmi dei principali canali televisivi siano centellinate le informazioni ma non necessariamente contenuti e cultura legati al mondo della fede, con una grande sproporzione verso la chiesa cattolica. «Quelle poche informazioni di contenuto vengono affidate ai soggetti non cattolici che però vengono relegati alle fasce orarie notturne» dice Enzo Marzo, direttore della rivista Critica Liberale.

Da dove parte la ricerca?

«Nostre precedenti ricerche sulla secolarizzazione indicavano una progressivo allontanamento dei comportamenti dei cittadini dai dettami della gerarchia ecclesiastica e volevamo vedere se a questo corrispondeva un parallelo atteggiamento dei mass media televisivi. Ci siamo rivolti alla società che fa i monitoraggi per l’Agcom, l’agenzia delle comunicazioni, per avere dei risultati scientifici e affidabili. Fare la ricerca è molto complicato, perché occorre monitorare 24 ore su 24 sette reti generaliste per tutta una stagione, ovvero dal 1 settembre al 31 agosto, tutti i telegiornali, tutte le trasmissioni a carattere religioso, le produzioni televisive, cinematografici, i documentari con soggetti confessionali, 12 talk show e molto altro. I dati quest’anno sono veramente catastrofici».

Perché?

«Perché indicano che nella tv, privata e pubblica ma in quest’ultima è più grave, c’è un totale monopolio della chiesa cattolica nei confronti delle altre confessioni religiose. Tutti i dati che emergono rivelano due cose importanti: tutta questa massa di informazione è propaganda, se si vanno a vedere tutti i contenuti non vi è discussione sui fatti della fede o dibattito tra le religioni; secondo punto importante è che il privilegio alla chiesa cattolica è talmente forte e schiacciante che altre religioni sono assolutamente inesistenti sulle reti, come per esempio l’Islam».

Qualche esempio?

«Nelle trasmissioni religiose vediamo come l’anno scorso l’Islam compariva per 7 minuti. Quest’anno nemmeno quelli: 0 minuti. Se andiamo a vedere il numero delle presenze dei soggetti confessionali, nei programmi di informazione e attualità, vediamo che i cattolici hanno avuto 219 presenze, gli evangelici soltanto due. Assolutamente intollerabile, e lo dico da laico. Il privilegio della chiesa cattolica è enorme e lede il diritto all’informazione del telespettatore. Su 60 ore di trasmissione in un anno in cui è apparsa la chiesa cattolica, si è parlato degli scandali di cronaca che riguardano il vaticano solo per l’1,7 % del tempo. Questi dati sono oggettivi, poiché sono registrati da un’agenzia indipendente».