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La vita difficile delle Ong in Ungheria

Negli ultimi anni il governo di Orbàn, in Ungheria, ha attuato una forte pressione sulla società civile, unica vera opposizione alle politiche del partito Fidesz. A farne le spese molte associazioni che si occupano di integrazione, ambiente o scuola, ma soprattutto Ong internazionali. Il Norwegian Helsinki Committee ha accusato l’Ungheria di non garantire spazio alla società civile. Ne abbiamo parlato con Aron Coceancig, caporedattore di East Journal per Europa centrale.

Qual è la società civile ungherese e perché è un problema?
«Fidesz è un partito arrogante e presuntuoso: vede che non c’è nessuna alternativa politica in Ungheria e l’unico suo problema nella gestione del potere viene dalla società civile, quindi cerca di fermarne lo sviluppo. Questo contesto ha tradizionalmente vissuto dei problemi di radicamento: ci sono diversi movimenti, associazioni che lavorano sull’integrazione dei Rom, un movimento ambientalista, un forte movimento della scuola e uno per i migranti composto da molti cittadini e associazioni. Sono tematiche che sono culturalmente all’opposizione di ciò che vuole il partito di governo. In particolare nel 2014 e nel 2015 c’è stato un grande conflitto tra Fidesz e il fondo norvegese che finanziava progetti della società civile ungherese, poiché il governo lo accusava di aiutare le attività di alcuni partiti di opposizione. C’è stato quasi un conflitto diplomatico tra la Norvegia e l’Ungheria. I fondi sono stati sospesi e successivamente c’è stato un nuovo accordo per il quale oggi il governo ungherese ha assunto un maggiore controllo. Continua nella sua volontà di limitare le possibilità di alcune associazioni civili di svolgere il proprio lavoro e ricevere fondi dall’estero».

Cosa spaventa Orbàn, a parte la minaccia politica delle Ong?
«C’è anche un altro elemento che andrebbe considerato: in est europa i fondi di magnati occidentali o degli Usa, in alcuni paesi hanno cercato di finanziare le forze politiche: pensiamo alla rivoluzione arancione in Ucraina o in Georgia. Conoscendo la limitata capacità politica di un paese come l’Ungheria, il governo ha il timore che si smorzi la sua politica di contrasto ai dogmi liberali e liberisti. In queso Fidesz si sente un po’ accerchiato dalle forze dell’occidente. In Norvegia, una nostra collaboratrice ha studiato il rapporto del comitato Helsinki e ha evidenziato come ci siano molte critiche sulla gestione del paese da parte di Orbàn, evidenziando come una situazione del genere nel lungo periodo possa portare a un gap democratico e liberale molto pericoloso».

Quello di Orbàn può essere un modello per altri stati dell’area?
«Già oggi Orbàn viene visto come un politico da seguire, non solo nell’area orientale, ma anche a occidente. Lui è bravo a utilizzare da un lato la repressione, anche soft, de dall’altro a sfruttare la situazione della società civile divisa e tradizionalmente debole. Qui anche il movimento dei sindacati e dei lavoratori non è forte: uno sciopero generale non c’è mai stato dalla caduta del comunismo in poi e questo, ovviamente, dà maggiore forza al governo».

Quali conseguenze per le persone?
«Occorre guardare alla società ungherese. Quarant’anni di comunismo hanno influenzato la maniera di pensare e di agire dei cittadini, abituati alla passività civile in cambio di uno spazio di diritti e lavoro abbastanza buono. Orbàn è riuscito a ricreare quella fase storica dando uno sviluppo economico molto forte, ma non fornendo la possibilità ai cittadini di mobilitarsi liberamente nella società civile. Detto questo ci sono molti movimenti che si mobilitano attivamente, certo, spesso sono piccole realtà che non riescono a fare rete».

Questo mette in pericolo le minoranze del paese?
«L’Ungheria è un paese multiculturale e negli ultimi anni Budapest sta vivendo un periodo fiorente grazie a una migrazione sia dai paesi occidentali che orientali. Le minoranze sono religiose linguistiche o nazionali e ci sono delle situazioni più critiche dove si registra discriminazione ed emarginazione, come per i Rom; altre in cui sostanzialmente non ci sono situazioni di tensione e sono anzi tutelate e protette dalla legislazione ungherese».

Immagine: By European People’s Party – Viktor Orbán, CC BY 2.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=33088466