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Considerato indegno, non si sottrae agli interrogativi della fede

Antonio Monda è uno autore relativamente poco conosciuto in quanto scrittore: di lui si conoscono, oltre all’assidua collaborazione alle pagine culturali de La Repubblica, soprattutto i saggi. E fa spicco, in questo settore della sua attività, la cura di uno strano volume, apparso in Italia ma quasi totalmente scritto in inglese: The hidden God: cinema e spiritualità (2004), ideato insieme a Mary Lea Bandy con la collaborazione del Museum of Modern Art di New York. Quelle pagine, pubblicate dalle edizioni Olivares, percorrevano la storia del cinema alla luce delle questioni non soltanto teologiche in senso stretto (vi si parla ovviamente dei «mostri sacri» Dreyer, Bresson e Bergman), ma anche di film di genere vario, che però rimandavano alla materia del sacro, vuoi per le vicende narrate vuoi per i tipi umani che le incarnavano.

E un tipo umano per eccellenza, in questo senso, che abbia a che fare con la materia del sacro e della religione è il protagonista invece dell’ultimo suo romanzo*. Indegno è già una valutazione che in limine dice tutto: come si potrebbe «non riprovare» un sacerdote che ha un’amante? Però, appunto: dichiarato fin dal titolo, l’aggettivo che caratterizza Abram, giovane prete nella New York (dove in effetti l’autore risiede) degli anni Settanta, è fin troppo scontato; l’averlo scelto indica allora piuttosto una provocazione, l’intento di dimostrare che le impressioni superficiali non riescono a dire tutto di una persona né di una situazione.

Non è questo un caso isolato nel panorama letterario e cinematografico: l’indegnità, reale o spesso presunta, degli uomini di chiesa è stata affrontata da testi che sono capolavori assoluti, su tutti il Diario di un curato di campagna di Bernanos (da cui il film di Bresson, 1950) e Sotto il sole di Satana, dello stesso autore, portato poi sullo schermo da Maurice Pialat (1987). Ma in questi grandi romanzi gli accenni a dei torbidi (nel primo caso un turbamento prodotto nel giovane parroco da una adolescente, a sua volta tormentata) erano in realtà pretesti per avvicinare la materia teologica; il giovane curato, turbato nell’animo, minato nel fisico dall’alcolismo ereditario, estromesso dalla vita sociale del paese, volgeva la propria inquietudine interiore in un serratissimo dialogo con una nobildonna, conducendola a riscoprire la potenza della grazia nonostante una vita di afflizioni. Un discorso quindi metafisico e di fede, un dibattito di idee, in forma anche di scontro, da cui doveva risaltare la verità– solo Dostoevskij ha scritto dialoghi di maggiore spessore su questi temi.

Diversa è la situazione che propone il romanzo di Antonio Monda. Il protagonista, come attesta il suo nome, ha origini ebraiche, e questo rende sicuramente più sfaccettati i suoi tratti: più ricchi, ma anche portatori di una rinuncia, di qualcosa che si è perduto nel tempo e nella propria genealogia. Ma poi la vicenda è tutta terrena, carnale certo, ma anche profondamente affettiva e toccata dai risvolti drammatici che coinvolgono un possibile figlio della coppia.

Ciò non toglie che il lettore, guidato dal protagonista, si interroghi sui concetti di colpa, tormento, tentazione. Come nel capolavoro di Bernanos, anche in questo caso il sacerdote parla in prima persona: non nella forma meditativa del parroco di Bernanos (che redige un diario, e dunque ragiona per lunghi periodi, in solitudine, avendo molto tempo per pensare, troppo…) ma scarna. In uno stile di scrittura essenziale, padre Abram ci informa della meditazione che la sua esistenza passionale svolge sul bene e sul male, sul dolore e sulla redenzione, annota i gesti quotidiani che fanno parte della vita di un religioso, e si prende la responsabilità non facile di conciliarli con una esistenza individuale nel segno del peccato.

Lungi dal voler essere un testo «rivendicativo», rispetto per esempio alla possibilità di matrimonio per religiosi in ambito cattolico, L’indegno ci fa considerare che le scelte ritenute cedevoli alla carne e al peccato stesso, ammesso che tali siano, non annullano il desiderio di vivere la propria fede; le scelte individuali non fanno scomparire la ricerca di un senso più elevato dell’esistenza; la compromissione sociale non azzera, nel profondo delle anime, la ricerca di un assoluto che noi chiamiamo Dio.

* A. Monda, L’indegno. Milano, Mondadori, 2016, pp. 154, euro 18,00.