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Lo status di rifugiato sussidiario è un limite

Il Comitato esecutivo della Commissione delle chiese per i migranti in Europa (Ccme) ha espresso preoccupazione per la progressiva erosione che si sta verificando in tema di protezione umanitaria a rifugiati e migranti in Europa: «Lo status di protezione richiede diritti adeguati per tutti e tutele anche per il ricongiungimento familiare».

Una preoccupazione emersa in occasione della riunione tenutasi ad Atene, in Grecia, dal 24 al 26 ottobre scorsi.

Il Comitato esecutivo del Ccme, in tale occasione, ha voluto approfondire anche l’attuale situazione dei rifugiati in Grecia e ascoltare le relazioni di altri paesi europei, in tema di accoglienza a rifugiati e migranti.

Molti governi e autorità di paesi europei hanno ricordato quanto sia necessario poter garantire protezione umanitaria a rifugiati e migranti in fuga da guerre e conflitti, in particolare se provenienti dalla Siria, dall’Iraq e l’Afghanistan e garantire loro, un pieno status di protezione che solo l’anno scorso infatti era stato garantito ad oltre il 90%, mentre nel 2016, alla metà di loro è stata concessa la protezione sussidiaria.

La protezione sussidiaria, al pari di quella di rifugiato, viene riconosciuta dalla Commissione territoriale competente in seguito alla presentazione di domanda di protezione internazionale. Qualora il richiedente non possa dimostrare una persecuzione personale ai sensi della Convenzione di Ginevra, che definisce chi è rifugiato, ma si ritiene che rischi di subire un danno grave (condanna a morte, tortura, minaccia alla vita in caso di guerra interna o internazionale) nel caso di rientro nel proprio paese, può essere dunque rilasciata e concessa.

Il Comitato Esecutivo ritiene questo statu sussidiario limitativo, seppur necessaria.

Miglioramenti sono invece stati riscontrati in alcuni centri di accoglienza, malgrado molte procedure per il ricongiungimento familiare, ai sensi del regolamento di Dublino, siano ancora troppo complicate e lunghe.

Il Comitato esecutivo ha invitato gli Stati membri e le istituzioni dell’Ue ad agire rapidamente in modo che i rifugiati non debbano aspettare troppo a lungo per poter essere ricongiunti ai loro familiari, o essere trasferiti ad in altri Stati membri in base alle loro scelte.

«La situazione in molti paesi non è migliorata e la Ccme è preoccupata per i futuri sviluppi», ha rilevato Doris Peschke, segretaria generale del Ccme. «Limitare il ricongiungimento familiare a persone bisognose di protezione, perseguitate, direttamente o indirettamente, è un danno grave. La protezione sussidiaria limita questa possibilità: le persone vulnerabili hanno diritto di poter avere vicine le proprie famiglie. L’unità famigliare migliora anche l’integrazione nelle società europee».

Immagine: via WIkipedia commons