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Dalla parte delle donne

La Federazione delle donne evangeliche in Italia (Fdei) lancia nelle chiese l’iniziativa del «Posto occupato» contro la violenza sulle donne. Riforma ne ha già parlato a più riprese. Il 25 novembre ricorre la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, e come da alcuni anni a questa parte la Fdei propone una «sedici giorni» contro la violenza. Ne parliamo con Gianna Urizio, presidente della Fdei.

Cominciamo dal «Posto occupato». Come nasce questa iniziativa?

«È sorta nel profondo sud, a Rometta, in provincia di Messina, un paese dove c’è un anfiteatro. Qui una giornalista, Maria Andaloro, ha proposto che durante gli spettacoli venisse lasciato un posto occupato per una donna che ha subito violenza e che non c’è più, lasciando su quel posto un oggetto di colore rosso – il colore del sangue – appartenuto a quella donna. L’idea ha subito avuto successo, ha girato un po’ per l’Italia anche grazie al sito www.postoccupato.org. Alcune chiese evangeliche hanno aderito, e la Fdei ha avuto l’idea di rilanciare l’iniziativa all’evangelismo italiano tutto. La proposta è semplice: si tratta di dare visibilità al «posto occupato» all’interno della chiesa, così che questa «presenza-assenza» sia un’occasione per riflettere sulla violenza contro le donne e su che cos’è che in qualche modo la «conduce»: è come una corrente elettrica che deve avere un conduttore, e questo conduttore per noi della Fdei è la cultura patriarcale che fa fatica a sradicarsi, che rimane nei libri di testo delle scuole, nelle relazioni tra uomo e donna, nelle relazioni di potere sociale. Proporre per le chiese un «posto occupato» significa dire alle chiese: prendete nelle vostre mani questo tema e vedete come lo potete approfondire e capire, anche attraverso una riflessione biblica e teologica».

L’iniziativa è stata accolta anche dalla recente Assemblea battista…

«Sì, l’iniziativa si sta allargando: è stata ripresa dal mensile avventista «Notizie avventiste», è stata presentata all’ultimo precongresso della Fdei che si è svolto l’8 novembre a Milano, verrà proposta ai consigli di chiesa non solo in Italia ma anche in Svizzera, nel Canton Ticino. Ai nostri precongressi c’erano anche delle donne cattoliche, che ci hanno assicurato che la proporranno anche alle loro parrocchie».

Come si spiega tanto entusiasmo?

«Forse perché è un segno molto semplice ma che colpisce l’immaginario, che emoziona ma fa anche pensare. E serve a far uscire dal silenzio questa violenza, non solo quella che porta alla morte ma anche quella violenza diffusa che viene esercitata nelle famiglie quotidianamente, per anni. È anche questa la violenza che andrebbe sradicata: non solo quella del femminicidio, ma quella dei 7,6 milioni di donne che subiscono la violenza e non la denunciano».

Questa proposta si salda con una iniziativa che la Fdei propone da anni in occasione del 25 novembre: i 16 giorni contro la violenza sulle donne. Perché proprio sedici giorni?

«Perché abbiamo scelto due date simbolo: si inizia con il 25 novembre, giornata internazionale dell’Onu contro la violenza delle donne, e si chiude il 10 dicembre, anniversario delle Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo (1948). Quest’anno l’iniziativa dei «sedici giorni» è incentrata sulle donne che subiscono violenza nel mondo per vari motivi: non solo per una cultura di sopraffazione ma anche per guerre, mine, annegamenti in mare. Il dossier di questa offre alle chiese un panorama della situazione delle donne nel mondo di oggi, in particolare in alcune situazioni calde come la Siria, l’Ucraina, la Birmania, la Somalia, il Messico. Il dossier è disponibile on-line sui siti della Federazione evangelica (www.fedevangelica.it) e di Riforma (www.riforma.it) e sulla pagina Facebook della Fdei. Per ogni giorno il dossier propone una storia di donne dal mondo, un testo dalle convenzioni internazionali sul tema, un testo biblico, un commento, una preghiera e una proposta di «azione positiva» da intraprendere».