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La moschea canadese e le reazioni dell’islam italiano

Sei persone sono state uccise ieri sera intorno alle 20, ora locale, e altre otto sono rimaste ferite nella moschea canadese di Sainte-Foy di Quebec City, che ospita il Centro culturale islamico cittadino.

Alcuni uomini hanno aperto il fuoco su decine di fedeli che si erano riuniti per la preghiera della sera, un’azione che, a caldo, il primo ministro Justin Trudeau, ha definito un «attacco terroristico contro i musulmani».

Riforma.it ha immediatamente sentito stamane il deputato Khalid Chaouki, membro delle Commissione Affari esteri della Camera dei Deputati, prima della sua partenza per Bruxelles: «il gravissimo attacco contro la comunità musulmana in Canada rappresenta un’escalation pericolosa e irresponsabilmente sottovalutata da alcuni leader politici che soffiano sul fuoco della paura in cambio del facile consenso. Bene ha fatto Trudeau a definire questo attentato, crudele e inumano, un attacco contro tutti i musulmani».

Sembra che l’attacco sia stato eseguito da due o tre uomini coperti da maschera nera e che uno tra loro parlasse con un tipico accento locale. Obiettivo era la sezione maschile della moschea nella quale, in quel momento, si trovavano tra le 60 e le 100 persone.

«Oggi ci uniamo al dolore e alla sofferenza delle famiglie colpite da questo tragico attentato – ha detto a Riforma.it Abdellah Redouane, il segretario generale del Centro culturale islamico d’Italia della Grande Moschea di Roma –. Colpire persone intente nella preghiera è un segnale inequivocabile e mirato. L’intento è quello di dividere e frammentare il mondo islamico. La risposta dev’essere quella di continuare, senza tentennamenti, a portare avanti con caparbietà progetti comuni per una fattiva convivenza reciproca – prosegue Redouane –, malgrado vi sia il desiderio, in chi compie questi terribili attentati, di seminare ancora più odio. La nostra paura, come Centro culturale islamico – Grande moschea di Roma, e che questi atti possano giustificare ulteriori violenze. Non possiamo permetterlo. Tutti, noi compresi, dobbiamo accettare le diversità insite nel mondo islamico, proprio come sono evidenti e ineludibili in qualsiasi altra comunità plurale. La tendenza che vede seminare l’odio su base religiosa, etnica, culturale e linguistica, sta generando dei mostri; oggi raccogliamo i frutti di questa cattiva semina. Dobbiamo ribadire che le differenze devono essere viste positivamente e non essere utilizzate come opportunità per fomentare antagonismi. Questo sarebbe già un buon punto di partenza. Mentre quello di arrivo dovrebbe essere quello di vivere la società nella condivisione attraverso un sano dibattito multiculturale, multireligioso e multietnico. Le società monolitiche non esistono e non dovrebbero esistere».

Nel giugno scorso, proprio durante il ramadan e davanti all’ingresso del luogo di culto della moschea, era stata depositata una testa di maiale in segno di sfregio verso la comunità.

Negli ultimi anni in Quebec gli episodi di islamofobia si sono moltiplicati, intrecciandosi al dibattito politico e ai temi relativi alla libertà religiosa.

«Per l’ennesima volta un atto di terrorismo e di islamofobia colpisce il mondo islamico e causa morti e feriti – ha dichiarato a Riforma.it Izzedin Elzir, il presidente della più rappresentativa, numericamente, comunità islamica della nostra penisola, l’Unione delle comunità islamiche in Italia(Ucoii) –. La nostra solidarietà la rivolgiamo a tutti i famigliari e alla popolazione canadese che ha saputo dimostrare di essere un popolo unito contro l’estremismo, contro il terrorismo, contro l’islamofobia, attraverso la repentina dichiarazione del primo ministro. Vorrei ricordare però – prosegue Elzir –, che questo attentato avviene a pochi giorni dal rogo della moschea in Texas e proprio nei giorni in cui il presidente degli Usa Trump, la nazione più potente al mondo, mette “al bando” sette paesi di origine musulmana ai quali viene vietato di entrare in territorio statunitense. Questo clima di odio e violenza certamente non aiuta la riflessione, il dialogo e la comprensione reciproca».

E proprio a New York in questi giorni è stata rafforzata la sorveglianza alle moschee e ad altri luoghi di culto.