cremlino

Siria, l’accordo di Astana è una sconfitta per l’Occidente

Il 3 e 4 maggio si è tenuto ad Astana, la capitale del Kazakhstan, il quarto ciclo di colloqui per risolvere la crisi siriana, che dal marzo 2011 ha causato la morte di oltre 400.000 persone e quasi 11 milioni e mezzo di profughi e sfollati interni.

Gli incontri, voluti dalla Russia e appoggiati formalmente da Iran e Turchia, due tra le principali potenze regionali, hanno portato a un accordo che secondo molti traccia la strada di una soluzione politica per la Siria: la presenza dei rappresentanti siriani e dei ribelli, con l’esclusione delle forze jihadiste di Hayat Tahrir al-Sham, conosciute fino a poco tempo fa con il nome di Jabhat al-Nusra, e del gruppo Stato islamico, ha permesso di arrivare a un risultato concreto, costituito dalla creazione di quattro zone di sicurezza in Siria, le cosiddette de-escalation zones, all’interno delle quali non potranno esserci operazioni belliche. «Anche se siamo di fronte al maggior successo diplomatico degli ultimi cinque anni – afferma Marco Pasquini, direttore della cooperativa Armadilla, che porta avanti progetti di supporto alle famiglie in varie aree interessate dal conflitto – di questi colloqui di Astana si parla veramente poco, se non nulla. Il fatto che non se ne parli sulla stampa occidentale e che nessuno pensi di analizzarlo e di approfondirlo è perché è un successo della diplomazia russa».

Da questi colloqui che cosa si porta a casa nel breve termine?

«Prima di tutto un ridimensionamento ulteriore delle Nazioni Unite, organizzazione ridotta a un ruolo di cancelleria. Chi ne esce invece rafforzato è la Russia, che è stata capace di lavorare per anni nel campo della mediazione con Bashar al-Assad, è stata capace di individuare tra i vari alleati quelli con cui dialogare, ed è riuscita a integrare il terzo grande attore nell’area, la Turchia, che ha abbandonato le sue velleità contro il presidente siriano. Anzi, in questo momento nella trattativa non si parla proprio più dell’esclusione di Assad, ha reintegrato ancora una volta l’Iran e quindi ha creato questa troika Iran-Russia-Turchia che deve far riflettere tutto l’Occidente.

Nell’immediato, questo accordo è la premessa affinché si possano riprendere i negoziati a Ginevra, anche se la Russia proverà a sottolineare quanto ci sia soltanto bisogno di una ratifica, perché l’accordo c’è già stato».

Si parla della creazione di quattro aree di sicurezza: come sono state scelte?

«Il criterio è quello di garantire in questo momento l’entrata degli aiuti umanitari nelle aree più calde. La prima è la zona della città di Idlib, in questo momento la più turbolenta. Quest’area confina con la Turchia, quindi si comincia già a profilare l’area dove la Turchia vorrà destinare centinaia di migliaia di profughi siriani che si trovano all’interno del Paese. La seconda zona è quella di Homs, dove la componente jihadista è ancora abbastanza importante; la terza area è quella intorno alla cintura orientale di Damasco, dove fino a poco tempo fa ci sono stati scontri e dove le brigate di Al Nusra e di Isis sono ancora presenti. La quarta zona è quella al confine tra Siria e Giordania, la zona di Dar’a, dove cominciò la primavera araba siriana. Questa zona è stata scelta in modo simmetrico a quella del nord, perché è quella in cui, nel momento in cui si rispettasse questo accordo, la Giordania potrà far confluire le centinaia di migliaia di profughi all’interno del Paese.

C’è però da dire che questo accordo lascia comunque le mani libere ai russi e ad Assad di bombardare queste aree nel momento in cui fosse presente e attiva la componente terroristica. Ecco, questo è il “fumo” sopra questo accordo».

Rimane il fatto che la Russia esce decisamente rafforzata. Oltre a lei, chi ha ottenuto di più da questo accordo?

«Sicuramente l’Iran, che dopo l’accordo sul nucleare con gli Stati Uniti ha ulteriormente ufficializzato il suo ruolo di superpotenza dell’area, e la Turchia, che giocando su diversi tavoli alla fine ha abbassato la testa di fronte all’accordo russo-iraniano, dandogli legittimità. Ecco, questo rappresenta un ulteriore elemento di complessità, perché la Turchia è un importante membro della Nato.

Un altro che esce vincitore è sicuramente Assad, perché addirittura adesso tra i suoi garanti internazionali ha la Turchia, che fino a poco tempo fa è stata feroce nemica del presidente siriano e finanziatrice di diversi gruppi siriani di opposizione, e oggi è garante nel mantenere al governo lo stesso Bashar al-Assad. Tra i vincitori metto anche la Giordania, perché con il fatto di rafforzare il confine si garantisce un minimo di tranquillità e la possibilità di allontanare i profughi».

All’opposto, invece, chi perde?

«Da europeo dico prima di tutto l’Unione europea, che scompare del tutto e che in questo momento sta pagando il prezzo più alto di questa guerra, non solo per l’alto numero di migranti, ma anche perché Bruxelles è il primo sostenitore e finanziatore dell’opposizione siriana. Ecco, l’Unione europea è scomparsa completamente, non è stata neppure invitata ad Astana, nemmeno nel ruolo di semplice osservatore, riservato invece all’Onu e agli Stati Uniti.

Perde anche il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, che ora si trova a essere un mero ratificatore e non avrà nessun potere di governare questo tipo di accordo. Perdono gli Stati Uniti, sicuramente, perché l’unica loro possibilità è rafforzare la loro alleanza con i curdi, ma il popolo curdo è un altro degli sconfitti: in questo momento i curdi siriani si trovano schiacciati nell’accordo tra le tre superpotenze, che tutto hanno intenzione meno che gli interessi del popolo curdo.

L’accordo di Astana è un problema grosso anche per Israele, perché siamo di fronte a un rafforzamento delle principali potenze che da qualche anno sono ostili alla politica di Netanyahu, e poi c’è l’Arabia Saudita, che ha pagato carissima la sua volontà di spingere questa guerra, forse addirittura di provocarla, perché ne è uscita con le ossa rotte e fallendo in tutti i suoi obiettivi, che erano la distruzione dell’Iran, la cancellazione della Siria e l’annullamento della componente sciita».

I veri sconfitti però rimangono i siriani, che hanno vissuto 6 anni di guerra sulla propria pelle. Ora potrebbe addirittura smettere di esistere la Siria come entità unica?

«I siriani sono certamente le prime vittime, lo sono dall’inizio, e l’accordo di Astana, così come eventuali intese a Ginevra, non risolveranno la situazione in Siria. Inoltre, chi conosce un po’ la Siria non può non pensare che la divisione di queste aree possa essere poi la divisone futura della Siria. Sicuramente chi ha pagato, sta pagando e pagherà per tutti sono i siriani, inermi e indifesi».

Immagine: en.kremlin.ru/events/president/news/47889