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Dio riconosce i diritti degli oppressi

Chi disprezza il prossimo pecca, ma beato chi ha pietà dei miseri!
Proverbi 14, 21

Guardate che nessuno renda ad alcuno male per male; anzi cercate sempre il bene gli uni degli altri e quello di tutti
I Tessalonicesi 5, 15

I brevi detti sapienziali raccolti nel libro del Proverbi hanno indubbiamente un pregio: esprimono in poche parole certi messaggi che altrove sono sviluppati attraverso discorsi di carattere morale e legale (… amerai il prossimo tuo come te stesso, Levitico 19, 18) o per mezzo di raffinate parabole (il buon Samaritano, Luca 10, 25-37). Accanto a questo pregio esiste tuttavia qualche elemento di rischio, ad esempio quello di cercare il senso profondo del detto troppo in fretta. A prevenire ogni interpretazione frettolosa aiuta qualche volta il ricorso al testo ebraico e a un buon dizionario. Così si scopre facilmente che il prossimo significa molto concretamente il vicino di casa. Più complessa risulta invece la questione dei miseri.

In ebraico ‘anawîm è una parola che nasce da anah, che indica il premere giù, l’abbassare, l’affondare, e quindi l’essere umiliato, afflitto, in condizione misera. Gli ‘anawîm sono gli affondati, quelli premuti in basso, fatti curvi, gli schiacciati, i calpestati, i sottomessi, gli oppressi da carichi insostenibili. È una condizione causata da altri; è una rete di relazioni sociali ingiusta a generare schiacciamento in basso; la persona stessa non ne ha alcuna colpa.

Si tratta di un vocabolo che esprime un rapporto e non una condizione di bisogno, indica cioè una posizione di inferiorità di fronte all’altro. È interessante infatti notare che di solito il nostro termine è contrapposto a raša‘, malvagio, e ad altri vocaboli simili che indicano il dispotico e il prepotente. Non si usa mai per una povertà dovuta a una colpa e per questo ‘anî è colui che può presentarsi al cospetto dell’Eterno pieno di fiducia, certo che i suoi diritti saranno un giorno riconosciuti anche dalla comunità di riferimento.

Non è dunque da escludere che la strada per un cambiamento radicale della società tutta cominci dalla trasformazione in positivo delle nostre relazioni nei villaggi, nelle strade e nei condomini in cui viviamo.

Immagine: di rab-bit, via istockphoto.com