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Una mozione che costruisce muri?

Martedì 13 giugno il Consiglio regionale della Lombardia ha approvato a maggioranza una mozione presentata dalla Lega Nord e intitolata Criticità in relazione all’attività di volontariato. Il documento, firmato da 13 consiglieri leghisti, che sostengono la Giunta guidata da Roberto Maroni, mette in relazione l’attività di volontariato portata avanti con minori da quattro richiedenti asilo e il rischio per la sicurezza dei minori stessi.

L’iniziativa dei consiglieri leghisti parte dall’esperienza di Treviglio, dove l’Istituto Cameroni ha aderito a un progetto della Prefettura realizzato in collaborazione con Caritas e Cooperativa Ruah impiegando un richiedente asilo in servizi di facchinaggio, e quella di Arcore, dove tre profughi hanno aiutato nelle attività di accompagnamento ai bambini delle scuola elementari con il servizio pedibus.

La consigliera leghista Silvana Saita, prima firmataria della mozione, spiega che «si è semplicemente chiesto alla Giunta di informare i Comuni e gli Uffici Scolastici a verificare con rigore i requisiti dei volontari che svolgeranno servizi sensibili per proteggere e garantire i minori», visto che «ci sono delle leggi precise a garanzia dei minori, che devono sempre avere accanto degli adulti con alle spalle un percorso rigoroso, come il decreto Minniti dell’aprile 2017 che pone grande attenzione sull’impiego dei richiedenti protezione internazionale in attività socialmente utili, o la Direttiva Europea in vigore dal 2014 che pone norme rigorose per la lotta contro l’abuso e lo sfruttamento dei minori».

Stefano Pasta, giornalista che si occupa di accoglienza in seno alla Comunità di Sant’Egidio, spiega che con questa mozione «si “sensibilizzano” – questo il termine utilizzato – i diversi comuni lombardi e in particolare si chiede a Treviglio e Arcore di verificare la fedina penale dei richiedenti asilo che hanno a che fare con i bambini, in particolare per due reati particolarmente infamanti, cioè la pedofilia e la pedopornografia». Si tratta di una richiesta che non viene estesa però a tutti i cittadini, ma che fa esplicito riferimento a profughi e richiedenti asilo. «Questa richiesta di verifica – prosegue Pasta – sottende un’idea per cui sarebbe più facile che persone richiedenti asilo politico abbiano questa propensione. Vale soltanto per appunto i richiedenti asilo e non per i tantissimi altri volontari che svolgono la stessa attività insieme a loro ma hanno un colore della pelle diverso e una cittadinanza diversa».

Pasta, detto dell’intenzione politica della mozione, che cosa cambia all’atto pratico?

«Non cambia assolutamente nulla. Da un punto di vista tecnico è completamente inutile, nel senso che non si obbliga nulla e nessuno, si “sensibilizza” e si dice di fare attenzione. Insomma, spero che abbia un effetto pratico nullo, ma c’è un effetto politico-culturale molto forte, perché sostanzialmente si dice di fare attenzione perché i richiedenti asilo politico sono potenziali pedofili».

Ci sarebbe un’obiezione, visto che dagli stessi banchi politici viene spesso criticato il modello d’accoglienza italiano dicendo “noi manteniamo persone che non fanno nulla”, ma se però poi non possono svolgere attività lavorativa non retribuita, che cosa rimane a queste persone? Essere cacciati?

«Diciamo che, a pensar male, potremmo dire che, a chi critica l’accoglienza e l’integrazione fa molto comodo poter dire che si stiano mantenendo delle persone che bighellonano e non fanno nulla durante il giorno, anche perché non si può negare che le esperienze alle quali ci si riferisce nella mozione siano positive. Ricordiamo che questa mozione riguarda quattro profughi in tutta la regione: un ragazzo in una frazione di Treviglio che aiutava con servizi di facchinaggio in una scuola media e tre ragazzi ad Arcore che accompagnavano dei bambini insieme a dei volontari italiani con il servizio di pedibus, quindi in sostanza aiutavano ad attraversare le strisce pedonali per andare a scuola. Ecco, credo quindi che faccia comodo poter dire che i richiedenti asilo non fanno nulla, che vengono mantenuti e quant’altro».

Questa mozione potrà reggere di fronte al diritto, se impugnata?

«Il motivo per cui non cambia nulla tecnicamente, per cui non si impone nulla ma semplicemente si dice di sensibilizzare, che vuol dire tutto e niente, è questo: se fosse stata una vera norma penso che il giorno dopo avrebbe preso una stangata dal diritto, tanto da quello italiano che in particolare da quello europeo, perché l’Unione europea è anche questo, la lotta contro le discriminazioni».

Ma è una norma che, al di là del senso, ha un futuro?

«Bisognerà valutare la sua ricaduta: sicuramente è stata fatta proprio per poter passare un messaggio razzista. La gravità della norma infatti non è in quello che cambia, e cioè nulla, ma nel razzismo che sottende, anche in maniera esplicita.

C’è un’altra assurdità, che potrebbe far sembrare questa mozione una legge comica: immaginare un profugo, che magari proviene dall’Eritrea, che è sbarcato in Italia rischiando la vita, che magari ha visto compagni di viaggio morire e che viene in Italia, chiede l’asilo politico e gli viene chiesto, come peraltro è previsto dal recente decreto Minniti-Orlando, di fare delle attività di volontariato con i minori. Ecco, secondo gli estensori della mozione dovrebbe tornare in Eritrea a chiedere il casellario giudiziario, la fedina penale. Ecco, questo si chiede, si chiede di verificare che non abbia commesso reati né in patria né all’estero. Il provvedimento è assurdo, il paradosso di un’indicazione del genere, che non ha nessun effetto pratico, se non di marchiare ed enfatizzare i profughi e il sistema di accoglienza».

Per fortuna è inapplicabile, ma anche per fortuna la Lombardia come regione che accoglie è migliore di queste mozioni, ospita i corridoi umanitari e il numero di persone accolte è notevole. MI sembra che il tema del volontariato sia ormai superato, è ormai una realtà di fatto, forse questa mozione arriva anche fuori tempo massimo.

«Arriva fuori tempo massimo, arriva e complica ciò che di fatto prevede un decreto nazionale, complica un’esperienza ormai vissuta pienamente. Ho in mente tantissime esperienze, come il movimento Genti di Pace della Comunità di Sant’Egidio, ma non solo. Ci sono moltissime persone straniere che in Italia da alcuni anni vivono esperienze di cittadinanza nel volontariato assieme ad altri, penso agli stranieri che da anni vanno a trovare a titolo gratuito e volontario gli anziani negli istituti lombardi, spesso vittime della solitudine».

Possiamo dire che la realtà in Lombardia sia migliore, da questo punto di vista, rispetto alla sua amministrazione?

«Possiamo dirlo, ma va detto che ci vuole davvero poco. Possiamo invece dire che in Lombardia, ma in realtà in tutta Europa, si possono raccontare due realtà entrambe vere seppure diametralmente opposte: da un lato l’Europa dei muri, dei fili spinati e delle mozioni come questa, l’Europa che respinge e che non si sa interrogare sui morti in mare. E poi c’è un’Europa differente: ieri sera a Milano in una veglia ecumenica abbiamo ricordato i 1.300 morti in mare nei soli cinque mesi e mezzo del 2017, e questa è l’Europa che si fa interrogare da queste morti, si pone il problema dell’accoglienza, che si “inventa” i Corridoi umanitari e che promuove le tante esperienze di volontariato di cui sicuramente Milano è la capitale. Sono i tanti cittadini che a titolo personale, a titolo associativo, costruiscono l’Europa dei ponti e non dei muri. Sta a ciascuna realtà ecclesiale, a ciascuna chiesa, a ciascun cittadino, scegliere dove collocarsi, scegliere se si vuole contribuire all’Europa dei muri o all’Europa dei ponti, due realtà entrambe vere ma in cui ciascuno di noi è chiamato a collocarsi».

Immagine: via Pixabay