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Nel Mezzogiorno costruire sogni con la popolazione locale e famiglie siriane si può

«Il progetto di vita delle famiglie siriane di Gioiosa Ionica, che va oltre l’accoglienza, ricomincia da qui”, così Maurizio Zavaglia, presidente del Consiglio comunale di Gioiosa Ionica (RC), nonché della Cooperativa sociale Nelson Mandela, inizia così il racconto di questi ultimi quattro mesi di ospitalità, con l’impegno di inserire le famiglie nel tessuto sociale e lavorativo di una terra tipicamente “di emigrazione», ma capace di offrire molto.

Sono arrivate a febbraio dal Libano con uno dei corridoi umanitari promossi da Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI), Tavola valdese e Comunità di Sant’Egidio, e sono state accolte dallo stesso Zavaglia che è venuto a prenderle personalmente a Fiumicino.

Sono 3 famiglie siriane, fra loro quella di Seba e Samer Mahfoud, con i loro tre figli, già inseriti a scuola e nelle attività sportive e ricreative della località calabrese facente parte della “Rete dei Comuni solidali” (ReCoSol). È stato un viaggio pieno di tappe difficili. Idlib, Siria, Libano, guerra, fuga, povertà, e poi finalmente Italia, Fiumicino, Calabria, Gioiosa, speranza.

Maurizio Zavaglia, come va l’integrazione della famiglia di Seba e Samer?

Questo nucleo familiare si è integrato splendidamente. Hanno dimostrato una grande capacità di costruire percorsi di autonomia e integrazione. I figli hanno subito iniziato a frequentare la scuola dell’obbligo e altre attività. Gli stessi Seba e Samer seguono con grandi risultati e interesse corsi di italiano e hanno subito iniziato a lavorare con la nostra Cooperativa sociale Nelson Mandela. In breve tempo ne hanno recepito la visione, facendola propria.

Qual è la visione di sviluppo e di creazione di lavoro che veicolate con la vostra cooperativa?

In genere qui nel mezzogiorno d’Italia le esperienze sono improntate a una logica di transito. Noi della Cooperativa Nelson Mandela invece, abbiamo messo su attività produttive ed economiche che stanno sul mercato. La sfida vera è saper coniugare i temi dello sviluppo locale, la valorizzazione delle tipicità e delle risorse del territorio, la capacità di creare opportunità di lavoro numerose, il più numerose possibili, per i giovani italiani insieme ai migranti, sfidando i luoghi comuni. Fare insieme questo percorso dimostra che ci sono modi per condividere ed essere solidali. Seba e Samer hanno voluto scommettere insieme a noi sul loro futuro. Lo stile della cooperativa è quello della dignità del lavoro e dei diritti; loro hanno una regolare busta paga secondo il contratto collettivo, nel rispetto della legge. Sì, dovrebbe essere normale, ma non sempre è così. Il caporalato e lo sfruttamento purtroppo sono ancora diffusi ovunque. Un giorno spero diventeranno soci, partecipi e protagonisti.

Che lavoro svolgono Seba e Samer?

Seba in Siria era insegnante e Samer lavorava come agricoltore. Ora lavorano entrambi in una struttura turistica, nella settecentesca Villa Santa Maria, che dà lavoro a dodici persone. Seba per ora si occupa del governo delle stanze e delle pulizie con una giovane tutor disoccupata del posto. Ma per lei, che ha grandi doti pedagogiche e un’istruzione di alto livello, la prospettiva è quella di tornare a insegnare, magari la lingua araba. Le ho chiesto di pensare ad intraprendere un percorso di mediazione culturale. Mi auguro che lo faccia: potrebbe essere una figura chiave nei percorsi di accoglienza per altre famiglie che arriveranno.

Samer si occupa del giardino e di manutenzione della stessa struttura ricettiva che si trova nella Valle del Torbido. Siamo a 6 km dal mare Ionio e a pochi minuti dalla montagna delle Serre calabresi. Uno splendido parco verde, l’antico borgo di Gioiosa Ionica e le aree archeologiche del Naniglio e Locri Epizefiri, il Parco Museo MuSaBa fanno da cornice.

Quali altre prospettive avete davanti?

Insieme abbiamo costruito dei sogni e siamo arrivati ai segni. Ai segni tangibili, come ad esempio quelli delle riunioni in cui tutti i lavoratori sono alla pari. Come il progetto della stalla: insieme a giovani disoccupati calabresi, soggetti svantaggiati e migranti siriani, stiamo risistemando uno spazio di 500 mq in stato di abbandono con lo scopo di arrivare alla produzione di formaggi ovi-caprini. Andremo in Sardegna a prendere 300 pecore, da allevare in pascoli biologici. Abbiamo in mente progetti di tutela dell’ambiente e della salute dei consumatori. Economia sociale, circolare e sostenibile, con dietro una forte etica e valori che devono essere sostenuti: qualità, tipicità e dignità dei lavoratori, riscatto sociale e solidarietà. Questo è la Cooperativa sociale Nelson Mandela.

Se potesse rivolgere un messaggio ad altri amministratori o imprenditori? Consiglierebbe un’esperienza di accoglienza come la vostra?

Sono esperienze appaganti che riempiono il cuore di gioia. Vivi la bellezza delle persone, il concetto di umanità, di solidarietà. Vedi negli occhi e nei visi il portato del loro vissuto, delle difficoltà, delle tragedie da cui sono scappati. Non vedi il nemico o il diverso che ti fa paura, ma l’essere umano a cui tendere la mano.

I risultati ti stimolano ad andare avanti avendo la consapevolezza che ci sono anche difficoltà. Non è sempre tutto rose e fiori, ma complessivamente mi sentirei di consigliare comunque questa esperienza. Agli amministratori locali e ai quadri dirigenti delle cooperative direi: sporcatevi le mani, preparatevi ad accogliere, sono esperienze che danno un senso al nostro agire e lo riempiono di significato, perché ti senti di essere nella direzione giusta.

“Locride, Terra di accoglienza” è il titolo del servizio che “Protestantesimo-RAIDUE”, in onda il 30 luglio dopo la mezzanotte, dedicherà al modello di accoglienza e integrazione portata avanti dalla “Rete dei Comuni solidali”, partendo dall’esperienza della famiglia di Seba e Samer a Gioiosa Ionica.