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Chiese che vogliono ancora confrontarsi

Il 19 e il 26 novembre tutte le chiese del Primo Distretto, che comprende le valli valdesi e il Pinerolese, si sono incontrate per un’assemblea di chiesa «particolare»: animatori e animatrici incaricati della conduzione hanno aggiunto un tassello al mosaico che dall’ultima Conferenza distrettuale (Prarostino, giugno 2017) si sta componendo circa il futuro delle chiese, ancorate a un modello ottocentesco, che sta diventando di difficile lettura per le nuove generazioni e inizia a mostrare i primi segni di affaticamento anche verso un mondo «esterno» in rapido mutamento. «Abbiamo pensato, come Ced [Commissione esecutiva distrettuale] che ritrovarsi in ogni chiesa per discutere del futuro, sulla vita delle chiese stesse, avrebbe portato grandi frutti – ci spiega Lucia Dainese, membro della Ced e coordinatrice della commissione creata appositamente per questo grande lavoro di auto-conoscenza – per cui abbiamo formato un gruppo di lavoro, composto in gran parte da giovani e giovanissimi, che a coppie sono andati nelle comunità a guidare e animare le assemblee di chiesa».

E i risultati, discussi poi nel corso di una riunione lunedì 4 dicembre, sembrano positivi. «A Rorà è stata una bella esperienza, era un gruppo numeroso e non ce lo aspettavamo…: importante il fatto che ci fossero anche tre ragazzi del precatechismo-catechismo e la presenza delle famiglie», ci dice Cécile Sappé, che ha visto da vicino anche l’esperienza della «sua» chiesa, Angrogna. «Tra Angrogna e Rorà [come in altre assemblee in altre località, ndr] le tematiche emerse sono analoghe, riguardano il culto, la mancanza della fascia giovanile dopo la confermazione, il rapporto talvolta complesso tra le comunità e i pastori. Peraltro penso sia abbastanza normale che nascano problemi di questo tipo con i pastori, dato il loro ruolo di leader, di punto di riferimento». 

 

Accoglienza positiva anche nel Terzo Circuito. «A Perrero – ci racconta Aline Pons – ci siamo ritrovati con tre comunità. Quella di Perrero, quella di Villasecca e quella di Prali. Ovvio quindi che ci fosse una difficoltà maggiore a parlare perché non si era fra i “soliti” volti conosciuti ma devo dire che ci aspettavamo più resistenza da parte delle chiese che si sono trovate a lavorare in un modo diverso dal solito, guidati per giunta da giovani e giovanissimi. Invece, anche a Pomaretto dove ero “di casa” e ho frequentato come membro di chiesa e non come animatrice, devo dire che c’era la voglia di confrontarsi, di parlare e di essere guidati». 

Debora Michelin Salomon, invece, da Luserna San Giovanni si è spostata a Prarostino. «All’inizio l’accoglienza è stata “diffidente”. Non tanto verso le animatrici ma verso l’attività proposta. Non sapendo a che cosa si sarebbe andati incontro, e che tipo di lavoro si sarebbe svolto, era normale avere delle piccole “paure”. I dubbi si sono subito dissolti quando si è iniziato con il lavoro in gruppi. La discussione è stata poi molto costruttiva e appassionata. Anzi, direi che si è andati oltre a ciò che ci aspettavamo. A esempio sui giovani c’è stata un’interessante riflessione, condita da pareri diversi che ha portato a immaginare come scenario futuro una collaborazione con altre chiese, anche in altri ambiti (in particolare con la vicina San Secondo). Ed è importante che queste idee arrivino dalla chiesa e non siano calate dall’alto». 

Le tre domande poste alle comunità erano generiche ma chiare e costruite per stimolare le risposte. «Chiesa è», «Cosa è importante per essere chiesa» e «Dalla chiesa avrei bisogno di…». «È stato un lavoro impegnativo perché la prima domenica abbiamo coinvolto otto animatori e la seconda diciotto. L’attività era suddivisa in due momenti: il primo lavorando in gruppetti e il secondo invece con un momento di condivisione fra tutti e tutte. Da ogni assemblea è scaturito un verbale che sarà la base del lavoro dei prossimi mesi, per cercare di capire quali siano le necessità, quale sia la linea da intraprendere. Inoltre abbiamo chiesto a tutti i partecipanti di compilare un breve questionario per avere un quadro di chi ha effettivamente partecipato. La sensazione [peraltro condivisa anche dagli animatori intervistati, nda] è che a parte alcune eccezioni siano state persone già impegnate nella chiesa a partecipare. Il nostro obiettivo era anche quello di coinvolgere chi non è attivo nei vari gruppi delle chiese per dare spazio a tutti di esprimersi liberamente; avevamo anche proposto ai pastori e alle pastore di non partecipare a questi momenti, perché, come succede a esempio nelle Conferenze distrettuali, spesso la comunità si fa “guidare” dal pastore. Non è stata un’imposizione e alcune chiese avrebbero preferito avere anche il pastore, in quanto membro della chiesa». 

Ora la palla passa ai concistori (che discuteranno del tutto durante il loro incontro comune) e poi alla prossima Conferenza distrettuale. «C’è voglia di discutere – conclude Dainese – e questo è sicuramente un tassello importante, le due ore di queste assemblee non possono essere esaustive ma è il primo passo per allargare lo sguardo a tutta la chiesa, anche a chi non è (per i più svariati motivi) parte attiva».