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La via che conduce alla salvezza

Io ho sperato nella tua salvezza, Signore
Salmo 119, 166

A Simone era stato rivelato dallo Spirito Santo che non sarebbe morto prima di aver visto il Cristo del Signore. Egli, mosso dallo Spirito, andò al tempio; prese in braccio il bambino Gesù e benedisse Dio
Luca 2, 26-27; 28

In molte scuole ebraiche il Salmo 119 è usato come piccolo manuale per imparare la lingua della Torah e dei profeti. È il salmo più lungo di tutta la raccolta. Il suo contenuto è diviso in 22 strofe, ogni strofa inizia con una lettera dell’alfabeto ebraico. Le varie strofe tessono le lodi della legge divina. Praticamente ogni verso contiene un termine che designa la stessa cosa: la legge. Appaiono i termini come testimonianza, precetto, volontà, comando, promessa, parola, giudizio, via, ecc. La lode si intreccia, specialmente nella parte finale con l’invocazione dell’aiuto divino. Molti studiosi affermano che la versione definitiva di questo salmo sarebbe stata redatta durante l’esilio in Babilonia per affermare la centralità della Torah e diffondere le conoscenze basilari della lingua dei padri.

In questo senso la speranza del Salmista ha trovato un riscontro perfetto nella storia del Popolo eletto: nonostante tutto la Torah è ancora oggi il centro di gravità di ogni comunità ebraica e la lingua sacra è rinata grazie al paziente lavoro di tante generazioni di rabbini. Si tratta di una salvezza tangibile, collocata pienamente nella storia dell’umanità. Alcuni teologi della Chiesa antica tuttavia leggono il versetto di oggi in una chiave cristocentrica. È ben noto il fatto che in ebraico il nome di Gesù e la parola «salvezza» derivano dalla stessa radice del verbo «salvare». Questa assonanza fonetica ha prodotto una riflessione in cui Gesù diventa la via che conduce alla salvezza eterna.

Eternità e/o contingenza? La cristianità ha posto tale quesito sin dal suo sorgere. Non esiste una riposta univoca a questo problema. I seguaci di Gesù talvolta si sono orientati verso l’eternità molte altre volte verso la contingenza. L’unica risposta è quella di coniugare entrambi i termini di modo tale da rimanere sempre fedeli alla vocazione che l’Eterno ci rivolge in tempi e in luoghi spesso molto diversi l’uno dall’altro.

Immagine: via istockphoto.com