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Una scuola per orientarsi nel mare dei saperi

Il prof. Marco Chiauzza, dirigente dell’Istituto superiore d’Istruzione «A. Einstein» di Torino, da sempre attivo sui temi della laicità è vice presidente del Fnism (Federazione nazionale insegnanti Scuola Media). Con lui facciamo il punto sullo stato della scuola in Italia e soprattutto sull’abbandono scolastico.

 

– I tassi di scolarità vedono l’Italia agli ultimi posti in Europa. Si insegna male e si boccia troppo?

«Oggi la scuola è sempre più in concorrenza con altre agenzie formative e informative. In passato la maggior parte delle conoscenze passava attraverso la scuola; oggi prevalgono la TV e Internet. La scuola andrebbe completamente ripensata nella sua filosofia di fondo: più che trasmettere saperi è importante insegnare agli studenti a orientarsi nel mare dei saperi e a valutare l’importanza delle informazioni che ricevono. Si parla molto di fake news ed è proprio su questo che la scuola può esercitare una funzione civica fondamentale: formare lo spirito critico, ruolo civico importante formando nei giovani lo spirito critico e la capacità di distinguere la qualità delle informazioni. È difficile per gli adulti, figurarsi per ragazzi».

– Come si possono ridurre, dall’interno della scuola, i tassi di abbandono dopo la fascia dell’obbligo?

«La questione dell’orientamento è decisiva. Nella scuola elementare e nella scuola media inferiore non c’è problema di scelta. Dopo la media inferiore, invece, la causa principale degli abbandoni sono le scelte sbagliate e qui il ruolo dei docenti diviene cruciale. In Germania e in altri paesi europei entrambi i canali di istruzione sono posti su un piano di pari dignità. In Italia, per una mentalità di ascendenza gentiliana, gli istituti tecnici e professionali vengono percepite come scuole di serie B e di serie C, inferiori ai licei, che sarebbero di serie A. I genitori spesso si fanno convincere a iscrivere i loro figli agli istituti liceali, ignorando che un percorso tecnico o professionale può essere semplicemente diverso e più adatto alle attitudini dei loro figli».

– Intende dire che l’orientamento è prioritario rispetto al potenziamento, da parte dei docenti, delle abilità cognitive degli allievi

«L’orientamento è fondamentale affinché le persone giuste vadano nel posto giusto. Sul miglioramento della qualità della didattica, negli ultimi anni non si è fatto abbastanza, non tanto per colpa degli insegnanti o dei dirigenti scolastici quanto perché è mancata la buona politica. Un esempio. La legge 107/2016, della “Buona scuola”, approvata nel 2015, ha inserito in ogni istituto, a seconda delle sue dimensioni, oltre ai titolari di cattedra un certo numero di “docenti di potenziamento”. Sulla carta, la logica del potenziamento era di dire: tu, scuola, devi progettare, oltre alla normale offerta formativa, iniziative specifiche di rinforzo, per le quali chiedi un certo numero di docenti funzionali all’attuazione del Piano formativo. Nella realtà è accaduto che lo Stato italiano ha ricevuto dall’Europa una condanna per avere assunto troppi precari, e averli licenziati alla fine di ogni anno scolastico. Di conseguenza ha dovuto (giustamente) assumere in ruolo alcune migliaia di docenti ma lo ha fatto a prescindere dalle esigenze espresse dalle scuole. Io, ad esempio, avendo richiesto colleghi e colleghe con determinate caratteristiche, mi son visto assegnare docenti di materie non coerenti con il progetto, anche se all’atto pratico si sono rivelati validi collaboratori. Questa vicenda è stata venduta come una lodevole iniziativa politica di cui menar vanto in campagna elettorale. La scuola è stata concepita dai governi come un settore residuale, malgrado tutte le ricerche attestino che la spesa per l’istruzione è il vero capitale capace di promuovere lo sviluppo del Paese».

– La valorizzazione delle funzioni del capo d’istituto può giovare al miglioramento dell’efficienza formativa? oppure c’è stato solo un aggravio di incombenze?

«Il dirigente scolastico è stato sovraccaricato di una serie di incombenze burocratiche che, seppur necessarie (sicurezza, amministrazione ecc.), con la didattica non hanno a che fare. Io ritengo che la burocrazia, quando funziona, significa efficienza e equità, semplificazione di procedure valide per tutti. Ma quando è inutilmente pletorica non aiuta nessuno. Alcuni miei colleghi hanno vissuto certe novità della cosiddetta buona scuola, come il riconoscimento della propria funzione di “capo”. Io e altri colleghi non abbiamo condiviso questa “novità” poiché pensiamo che il compito del dirigente scolastico sia di dirigere, non di comandare. Insistere sul ruolo di “capo” significa isolare il dirigente e renderlo un corpo estraneo rispetto alla comunità scolastica. Bisogna insistere, nell’applicazione delle nuove norme, su un tipo di direzione fondata sulla collaborazione, anziché sul comando, la qual cosa migliora il funzionamento della scuola e anche della nostra vita».

– Lei ha partecipato per molti anni al Comitato torinese per la laicità C’è ancora un problema di laicità nella scuola?

«Negli ultimi anni per effetto della crisi economica si sono acutizzate le esigenze materiali della popolazione e le tematiche dei diritti civili, inclusa la laicità, sono passate i secondo piano. A ciò si aggiunga il fatto che l’attuale pontefice, figura carismatica con pregi notevoli per le posizioni che assume su questioni ambientali, sociali ecc., sta diventando punto di riferimento delle forze laiche e di sinistra come se fosse l’unico ad avere certi obbiettivi sociali; i progressisti dovrebbero invece rivendicare la propria autonomia di giudizio e vedere il papa e la chiesa cattolica come “compagni di viaggio”, come accadde negli anni ‘60, quando i socialisti e i democristiani pur con visioni differenti si accordarono per realizzare alcuni obbiettivi importanti. Nella mia scuola, dove fra i ragazzi esiste un’ampia pluralità di appartenenze – e non-appartenenze – religiose, in occasione del cinquecentenario della Riforma, insieme ai docenti di religione, abbiamo progettato tre incontri sulle diverse spiritualità, con rappresentanti musulmani e buddisti, con quelli cristiani e con esponenti della spiritualità laica e massonica».