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L’eterno e il tempo tra Michelangelo e Caravaggio

Il ‘500 si riconferma come momento essenziale ed eccitante nella storia occidentale e i Musei San Domenico di Forlì decidono di raccontarlo attraverso i due protagonisti iconici che definiscono questo tempo. Si tratta di due testimoni di un secolo lungo e travagliato ma assolutamente eccitante per quanto riguarda gli eventi che lo hanno segnato e che segnano di fatto l’origine della nostra modernità. Nessun periodo storico presenta una tale varietà di aspetti e di disparità: dal Sacco di Roma, nel 1527, alla morte di Caravaggio nel 1610, accadono avvenimenti come la Riforma protestante, il Concilio di Trento, nel ’41 Michelangelo disvela il Giudizio Universale della Cappella Sistina, nel 1610, lo stesso anno della morte di Caravaggio, Galileo dà alle stampe il Sidereus Nuncius. Ma tra questi due protagonisti passano anche correnti artistiche e grandi maestri che definiscono questo momento come particolarmente affascinante anche per la storia dell’arte.

Del percorso parla l’organizzatore della mostra, Gianfranco Brunelli.

Cosa ci aspetta nel percorso della mostra?

«Partiamo con una opera emblematica di Raffaello, La pesca miracolosa, uno dei cartoni per gli arazzi della Cappella Sistina, per giungere al Cristo portacroce, della collezione Giustiniani, di Michelangelo. In mezzo si ritrovano Rosso fiorentino, Pontormo, Lotto, Vasari, Moretto, fino ad arrivare all’opera cardine di tutta la mostra, rappresentata dal Cristo portacroce di Caravaggio. Una lunga sezione riguarda gli artisti che, su modello di Michelangelo, hanno affrontato, soprattutto negli ano ’40 e ’50 capitoli fondamentali della storia della pittura: i disegni di Pontormo per l’affresco del Giudizio di San Lorenzo, Battista Franco e artisti importanti come Daniele Da Volterra che furono discepoli e collaboratori di Michelangelo stesso. C’è un’intera sezione dedicata all’architettura e alla nuova concezione dello spazio sacro e dello spazio profano e poi il neo feudalesimo farnesiano dove trovano spazio opere di El Greco, di Tiziano e i recuperi archeologici che allora furono avviati a Villa Adriana con alcuni capolavori dell’arte ellenistica del secondo secolo. Si arriva poi alla grande rivoluzione dei Carracci, di nuovo il conservatorismo di alta qualità pittorica e tutto lo sviluppo del naturalismo legato alle scoperte scientifiche: lo studio della natura che influenzerà gran parte della pittura successiva. La conclusione  lascia intendere tre vie fondamentali che si dipanano dalla mostra: una è il ritorno al classicismo di Annibale Carracci con uno dei suoi capolavori fondamentali che viene da Capodimonte, Rubens e il Barocco e infine Caravaggio con opere estremamente significative come la Madonna dei Pellegrini o il Sacrificio di Isacco».

Cosa fa intendere la mostra nel confronto tra i due artisti a cui è dedicato il titolo?

«L’eterno e il tempo sta a significare il rapporto fra Dio e la storia. Tra Michelangelo e Caravaggio che si snoda un percorso artistico e antropologico che ha individuato una relazione profonda tra il cielo e la terra, tra l’eterno e il tempo, alla ricerca di un rispecchiamento fra queste due dimensioni, forse ancora di una unità possibile tra loro. Tra i due artisti questa relazione è rovesciata: Michelangelo ha cercato nella forma, nella bellezza di Dio la forma dell’umano, Caravaggio ha guardato l’uomo attraverso una luce livida, tragica, che è quella della storia, delle vicende quotidiane che lui ha visto e ha raccontato; per Caravaggio occorre vedere la luce nella forma dell’ombra. Se in Michelangelo ogni idea e ogni ideale di compiutezza umana e terrena a un certo punto si dissolve come si vede nei grandi incompiuti della sua opera ed è come se l’umanesimo si fosse compiuto definitivamente, in Caravaggio invece viene ritratta un’ umanità intrisa di peccato, scalza, sporca, che bussa alle porte del cielo».