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Cresce in Nigeria la violenza contro i cristiani

Sta crescendo in Nigeria la tensione tra cristiani e musulmani dell’etnia nomade dei Fulani. Da secoli i pastori fulani fanno pascolare il loro bestiame nella Middle Belt nigeriana e vi sono sempre stati scontri con i contadini locali, a maggioranza cristiana, i cui raccolti sono spesso dimezzati o addirittura distrutti dalle mandrie. Ma, se in passato tali conflitti potevano essere di carattere prettamente etnico o economico, oggi la matrice religiosa sembra aver preso il sopravvento. Molti osservatori dicono infatti che i Fulani sono armati da estremisti islamici.

Il Global Terrorism Index mostra che tra il 2012 e il 2016, gli estremisti Fulani hanno ucciso oltre 2.500 persone in Nigeria, e che gli attacchi sono aumentati significativamente nel 2017 e nel 2018. Il 23 giugno scorso 10 villaggi prevalentemente cristiani vicino a Jos sono stati attaccati: i pastori fulani sono arrivati armati di machete, fucili e kalashnikov facendo una strage.

A oltre una settimana dall’attacco nessuno è stato ancora arrestato e nessuna responsabilità è stata individuata. Secondo Bosun Emmanuel, segretario del National Christian Elders Forum, «il cristianesimo in Nigeria è vicino all’estinzione. Realisticamente parlando, possiamo dire che i cristiani rischiano di sparire nei prossimi 25 anni. Potremmo essere noi l’ultima generazione di cristiani del paese se non cambieranno le cose. Centinaia di persone vengono uccise ogni giorno, mentre la sharia cresce sempre di più».

Pochi giorni fa invece sono stati uccisi altri 120 cristiani che stavano rientrando da un funerale. A darne notizia è Pam Chollom, pastore della Church of Christ in Nations (Cocin), che al Premium Times of Nigeria ha dichiarato: «L’armata dei Fulani ha teso un’imboscata ai cristiani che stavano ritornando dalla sepoltura, uccidendo 34 persone del villaggio di Nekan, altri 39 provenienti da Kufang e 47 persone del villaggio di Ruku».

Paul Mershak, rappresentante in Nigeria dell’agenzia umanitaria Tearfund, ha dichiarato: «Tearfund condanna questi orrendi atti, l’enorme costo di vite umane e la distruzione diffusa che ciò ha causato. Abbiamo lavorato nella Middle Belt per la costruzione della pace, e questo ciclo crescente di attacchi ci spezza il cuore».

Tearfund, attraverso i comitati di pace locali, ha fatto incontrare allo stesso tavolo cristiani e fulani e ha lavorato con i giovani «malati di odio e violenza». Ha anche contribuito, in collaborazione con il governo, a creare l’Agenzia per la costruzione della pace dello stato di Plateau, la prima del suo genere in Nigeria.

Mershak ha dichiarato: «Tutti questi sforzi e quelli di altre agenzie possono essere di aiuto. Ma ora è giunto il momento per il governo non solo di intensificare gli sforzi per portare una pace duratura nella regione della Middle Belt, impegnandosi in una strategia di alto livello e nella costruzione della pace correttamente pianificata, ma anche di dare assistenza alle vittime, con il recupero delle loro case e delle vite, a prescindere dal loro background. Inoltre è giunto anche il momento di consegnare alla giustizia tutti gli autori di violenze, solo così possiamo cercare un futuro migliore per la Nigeria».

Il pastore Steve Kwol, presidente della Federazione Pentecostale della Nigeria (PFN) per Plateau North, che comprende le aree colpite dalle recenti uccisioni, ha detto a World Watch Monitor che le violenze nella zona sono andate avanti nelle ultime due settimane.

Ha riferito che i fulani stavano tendendo delle imboscate alla gente che andava in fattoria o viaggiava in moto e che la violenza aveva raggiunto l’apice nel fine settimana.

Nonostante l’attuale coprifuoco e la presenza di militari, gli attacchi sono ancora in corso. Ha detto che due villaggi – Kwi e Dorowa – sono stati gravemente danneggiati. A Dorowa, la maggior parte delle proprietà sono state bruciate, compresi quattro edifici ecclesiastici. Anche gli edifici adiacenti, come le case dei pastori, sono stati arsi. Anche a Kwi sono stati incendiati alcuni edifici, tra cui le chiese. Il numero esatto di persone uccise non è ancora noto, ma molti sono stati sfollati e ora vivono nei campi nei villaggi vicini.