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«O cresci o muori»?

Sue Washburn, pastora della Reunion Presbyterian Church di Mount Pleasant, Pennsylvania racconta:

Lavoravo nella comunità da circa tre mesi quando arrivò il momento della prima riunione con il consiglio di chiesa, i diaconi, i responsabili delle varie attività. Era la prima volta che venivo assegnata a una piccola comunità, ed ero abbastanza “vecchia” da ricordare com’erano le chiese negli anni Settanta, quando le scuole bibliche estive erano un evento comunitario e Natale e Pasqua significavano sedie da aggiungere nel tempio. La chiesa nella quale ero stata chiamata non si riempiva nemmeno nelle feste più grandi.

Così mi presentai all’incontro armata del mio titolo di Reverend, di dati e statistiche, e forte anche della mia precedente occupazione nel mondo della comunicazione. Sapevo che le chiese dovrebbero crescere per avere successo e, accidenti, era proprio questo che dovevamo fare!

Andai a quella riunione con tutta la mia paura e l’ansia riguardo al servire in una chiesa morente. L’incontro cominciò puntualmente e io procedevo spedita presentando le mie grandi idee. Parlai di nuove strategie di comunicazione, di mission e di vision, di cambiamento adattivo, di come attrarre i giovanissimi, i millennials, e probabilmente di un centinaio di altre cose che in quel momento mi sembrava fossero vitali.

Molti dei presenti sedevano tranquillamente. Che cosa stava succedendo? Mi chiesi. Perché non si dimostravano eccitati all’idea di provare tutte quelle novità? Come potevano essere così apatici di fronte a ciò che i loro bassi numeri stavano mostrando? Per caso volevano scomparire?

Nel corso dell’anno successivo imparammo a conoscerci (con le rispettive idiosincrasie) e apprezzarci gli uni gli altri. Eppure il successivo incontro non fu molto diverso dal precedente. Mi presentai con il mio PowerPoint e le mie statistiche e loro sopportarono pazientemente — di nuovo. Verso la fine, una diacona alzò la mano. «Non voglio sembrare scortese» disse, «ma sembra che facciamo la stessa cosa ogni anno e non cambia nulla, sembra che questo non faccia alcuna differenza».

Un altro anziano respinse l’idea che ci fosse bisogno di un qualsiasi cambiamento. Io dichiarai, piuttosto duramente, che non ero il pastore di un ospizio. Dovevamo far crescere i nostri numeri. Un altro anziano, che era (ed è) più saggio di me, osservò che sentiva le stesse storie e statistiche catastrofiste sul loro declino da diversi anni, ma ogni anno Dio era riuscito a trascinarli avanti, spesso con un piccolo numero di nuovi membri. Non abbastanza per mostrare una crescita nelle statistiche, dal momento che molte persone anziane stavano morendo, ma abbastanza per mantenere in vita la comunità.

Dopo un altro anno o giù di lì, abbiamo avuto il battesimo di un ragazzo. Rivolgendomi alle persone presenti nel tempio, ho chiesto a chi era stato battezzato di alzarsi, e ho invitato il giovane a guardare la nuova famiglia in cui stava per entrare. Poi ho chiesto a tutti di sedersi, tranne quelli che erano stati battezzati in quella chiesa. Mi aspettavo che più o meno metà dell’assemblea sarebbe rimasta in piedi, pensando che essendo quella una piccola cittadina, la maggior parte di loro fosse stata battezzata in quella chiesa. Ma mi sbagliavo, e parecchio.

Delle trenta persone, suppergiù, presenti quel giorno, solo due sono rimaste in piedi. In quel momento ho compreso che la chiesa in cui avevo servito per più di tre anni, la chiesa che pensavo non fosse mai cambiata, si era in effetti trasformata continuamente. Anche se non si vedevano mai 50 persone riunite, per 15 anni avevano accolto una piccola folla che aveva sentito la presenza di Gesù in quel tempio e avevano scelto di tornare, settimana dopo settimana, per incontrarlo lì.

Ed è stato a quel punto che ho capito che la parola d’ordine data ai responsabili di piccole comunità è semplicistica: falla crescere o chiudila. Oggi, so che questa è una falsa dicotomia. C’è una terza opzione: le piccole chiese possono vivere e prosperare. Ma queste piccole chiese fiorenti non vengono descritte come storie di successo, i loro pastori non vengono invitati a parlare nelle grandi assemblee e consultazioni. Non ci sono molte risorse destinate a loro. Eppure queste piccole congregazioni continuano a incontrare Gesù e ad accogliere coloro che si uniscono a loro. Restano grati, come Dio rimane fedele.

 

Fonte: Presbyterian Mission (https://www.presbyterianmission.org/story/pt-0618-small/)

traduzione a cura di Sara Tourn