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Nobel per la Pace a Nadia Murad e al dottor Mukwege

Nadia Murad, appartenente alla minoranza yazida in Iraq, fuggita dalla schiavitù cui l’aveva costretta lo Stato Islamico nel 2014, ha fatto conoscere al mondo il dramma degli Yazidi, popolazione presente in Mesopotomia   dalla notte dei tempi e considerata apostata dai fondamentalisti che l’ha messa al centro del mirino.

Denis Mukwege, il medico congolese che nella sua vita ha operato decine di migliaia di donne vittime di violenze e stupri di guerra, fra le poche voci che mai hanno cessato di urlare al mondo il dramma che sta vivendo il Congo, diviso e devastato da guerre tribali per il controllo delle tantissime materie prime.

Sono loro due i premi Nobel per la Pace 2018: due profili di altissimo livello, che ci riconciliano con il premio attribuito dall’Accademi di Svezia.

Il dottor Mukwege è comparso varie volte su questo sito: prima in Namibia, a maggio 2017, per l’assemblea generale della Federazione luterana mondiale, occasione in cui tenne un discorso forte, un appello senza se e senza ma ai leader religiosi, data la loro grande influenza sulla popolazione, affinché diventassero veramente attori di pace e cambiamento, a partire dalla considerazione nei confronti delle donne; e poi a Torino, meno di un anno fa, ospite del Centro piemontese di studi africani perché aveva voluto assolutamente visitare la mostra fotografica che Stefano Stranges, già anche collaboratore di Riforma, ha effettuato a seguito della sua permanenza nelle miniere di Coltan in Congo; intervistato, Mukwege denunciò le devastanti battaglie per il controllo dei giacimenti minerari che mantengono il Congo, una delle nazioni più ricche al mondo di materie prime, in condizioni di guerra permanente e povertà inenarrabile.

Anche le vicende di Nadia Murad e del popolo yazida hanno trovato spazio dalle nostre pagine: l’ultima volta ad agosto con un’intervista a Simone Zoppellaro, fra i giornalisti che stanno contribuendo a rendere note le vicende di un popolo altrimenti dimenticato.