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La battaglia dell’India per rendere indù i nomi di tutte le città

Non certo una priorità economica, quanto una strategia di consenso. L’India è impegnata a rinominare le città che oggi hanno nomi musulmani. Quest’anno è toccato a più di 25 municipi veder applicata la strategia linguistica che le vuole più “indù”. L’ultima, la città di Allahabad, un importante luogo di pellegrinaggio, ha seppellito il nome originario conferitogli dai conquistatori musulmani nel sedicesimo secolo per riconnettersi con le sue precedenti radici induiste.
D’ora in poi Allahabad sarà Prayagraj. Per il primo ministro Narendra Modi e il suo partito nazionalista indù BJP (Indian People’s Party), si tratta di «riconnettersi con il passato glorioso» dell’India. Altri la leggono come una strumentalizzazione della storia al servizio della politica e dell’ideologia del BJP, pochi mesi prima delle elezioni legislative.

Queste modifiche non sono tuttavia un fatto nuovo. Dall’indipendenza nel 1947, più di 100 città sono state ribattezzate. In generale, l’obiettivo è correggere le tracce lasciate dai colonizzatori. Così, Bombay è stata rimpiazzata da Mumbai, Calcutta da Kolkata, Madras da Chennai.
«Queste misure sono una reazione contro le precedenti presenze imperialiste», afferma sul sito francese www.la-croix.com lo storico Arvind Sinha. «Dopo l’indipendenza, ogni governo, centrale o provinciale, ha anche imposto la propria egemonia attraverso i simboli. Oggi è il turno del BJP. E dietro queste battaglie c’è la volontà degli indiani di reclamare le loro lingue locali e la loro storia».
Ma di quale storia stiamo parlando? Per l’interpretazione dei nazionalisti indù iquesta lettura mplica una cancellazione del patrimonio islamico. E le modifiche apportate non hanno sempre basi storiche.
A luglio, la stazione di Mughalsarai in Uttar Pradesh è stata ribattezzata Deendayal Upadhyaya, un tributo a un ideologo dell’estrema destra indù. Nel 2014, il nome dell’imperatore del XVI secolo Moghul Aurangzeb, considerato dagli Indù un tiranno e attribuito a un viale centrale di Delhi, è stato sostituito da quello dell’ex presidente nazionalista Abdul Kalam, un musulmano “più accettabile”.
Oggi, questi impulsi sono forti soprattutto in Uttar Pradesh, Stato guidato da un gruppo religioso fondamentalista indiano. Il distretto di Faizabad è stato ribattezzato “Ayodhya”, in omaggio a un luogo sacro e evocativo di sanguinose rivolte interreligiose perpetrate nel 1992. Il 6 dicembre 1992 centinaia di migliaia di ultrainduisti in meno di sette ore demolirono interamente la Babri Masjidmoschea del sedicesimo secolo eretta ad Ayodhya (Uttar Pradesh) per volere del sultano moghul Babar.Come racconta il sito eastwest.eu Si tratta di un evento spartiacque nella storia dell’India moderna, una data simbolo che nessuno, nell’India di oggi, può ignorare. Dopo Ayodhya, 25 anni fa, il Paese non è stato più lo stesso.

La scelta di richiamarsi a un evento tanto tragico quanto identitario appare un chiaro segnale di volontà di potenza.
Ora i leader del BJP stanno considerando di cambiare il nome di Agra, la città che ospita il Taj Mahal, ma anche di Ahmedabad, la capitale del Gujarat. Molte di queste decisioni fanno parte delle strategie politiche della RSS (National Volunteer Assembly), una matrice di nazionalismo indù cui il premier Narendra Modi ha aderito nella sua giovinezza.
«Questa ideologia è in conflitto con l’eredità islamica», ha aggiunto lo storico Arvind Sinha. «Cancellare i nomi musulmani delle città è come un contrattacco o una vendetta dei tempi antichi. E i critici temono che queste iniziative non manderanno un messaggio sereno ai 171 milioni di musulmani indiani.
L’opposizione parlamentare denuncia «la minaccia all’identità multi-confessionale indiana». Altri la leggono come una manovra diversiva per evitare il dibattito sulle questioni reali, mentre l’appuntamento elettorale si avvicina. «Penso che queste strategie non avranno alcun impatto sugli elettori, che rimangono concentrati sullo sviluppo economico», conclude Sinha. È vero che queste misure non hanno causato alcuna agitazione tra la popolazione. Dall’erezione di statue giganti ai nomi delle nuove linee di treni, un’opera meticolosa cerca di costruire un’India che richiami e glorifichi la sua mitologia indù.