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Aprite le vostre porte

Negli ultimi mesi le richieste d’asilo nei paesi europei sono drasticamente diminuite. Eppure, la situazione rimane drammatica in quasi tutti i paesi d’origine dei rifugiati e in quelli in cui si trovano a vivere come profughi. In attesa dell’attuazione di una strategia comune che non sia un semplice “scaricabarile”, molti paesi europei rimangono attivi in progetti di prima accoglienza, e tra questi c’è la Svizzera. Lo scorso 30 novembre il Consiglio federale ha deciso di proseguire il proprio impegno accogliendo il prossimo anno 800 persone, soprattutto siriane, all’interno del programma di ricollocamento dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr).

Questa decisione risponde alle sollecitazioni lanciate dall’Eper, Entraide protestante suisse, in particolare con la petizione «per vie sicure e legali verso la Svizzera» lanciata in giugno insieme all’Organizzazione svizzera di aiuto ai rifugiati (Osar), che ha raccolto più di 38.000 firme (di questa e altre iniziative avevamo parlato qui).

Dal 2013 il Paese ha già accolto 3500 siriani riconosciuti come rifugiati dell’Unhcr. Nel 2015 ha deciso di accoglierne 3000 nei tre anni successivi, inclusi 1500 da ricollocare nel quadro del programma di ripartizioni dell’Ue. Nel 2016, il governo elvetico ha poi approvato l’arrivo di 2000 persone particolarmente vulnerabili nell’arco di due anni.

Ora il Consiglio, insieme ai rappresentanti dei vari livelli (Confederazione, cantoni, città e comuni), che negli anni precedenti sono stati direttamente coinvolti nel ricollocamento dei rifugiati, ha deciso di proseguire l’impegno, rendendolo più stabile, con 1500-2000 accessi ogni anno, in modo da offrire aiuto (lo riferisce in particolare un comunicato di Rts Info) anche ad altre popolazioni in difficoltà, come i Rohingya, sempre dietro attestazione dello stato di rifugiati da parte dell’Unhcr, riservandosi sempre di diminuire o rivedere il proprio impegno in base al numero di domande.

La proposta del Consiglio, prima della decisione definitiva, sarà sottoposta dal Dipartimento federale di giustizia e polizia (Dfjp) alle commissioni parlamentari competenti, ma c’è ancora spazio per le modifiche, come dimostrano diversi interventi parlamentari (tra cui quelli delle consigliere nazionale Rosmarie Quadranti, Parti Bourgeois-Démocratique, Pbd e Lisa Mazzone, dei Verdi), sostenute dall’Eper, che ritiene (si legge nel comunicato stampa diramato l’11 dicembre) che il piano federale non faccia ancora abbastanza: ci vogliono «misure umanitarie supplementari». Peter Merz, direttore dell’Eper, salutando con favore la misura del Consiglio, commenta senza mezzi termini: «La Svizzera, con la sua lunga tradizione umanitaria, ha una particolare responsabilità e deve ammettere molti più rifugiati di quelli previsti dal Consiglio federale». E, considerando in particolare la situazione della popolazione siriana, ha concluso: «Aumentarne il numero contribuirebbe a venire in aiuto in modo mirato delle persone più vulnerabili, facendole uscire da una situazione insostenibile e offrendo loro prospettive per un futuro in Svizzera».