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Fra Italia e Francia perde l’ Europa

Alcune delle recenti tensioni fra Italia e Francia risalgono alla gestione dei flussi migratori, dapprima nel 2016 a Ventimiglia, poi in alta valle di Susa. Poi nell’aprile 2018 alcuni gendarmi francesi avevano condotto un blitz in un centro d’accoglienza a Bardonecchia; in ultimo, uno dei due vicepremier dell’attuale governo italiano ha compiuto una irrituale visita ad alcuni leader del movimento dei gilets jaunes, che da settimane manifestano contro il governo di Parigi, con conseguente chiamata a Parigi, per consultazioni, dell’ambasciatore francese a Roma. Tensioni, dunque, che rischiano di minare una prossimità e una storica amicizia fra i due paesi.

«L’episodio lascerà delle ferite e soprattutto un segno di incertezza e inaffidabilità della politica estera italiana. Non per nulla il presidente Mattarella è diventato il solo referente credibile e “accreditato” – dice Roberto Giacone, già preside del Collegio valdese a Torre Pellice e ora direttore della Maison de l’Italie a Parigi, fondazione collocata nella città universitaria, che ospita dagli anni ‘50 studenti e ricercatori da molti Paesi del mondo – .Certo nella nostra Storia abbiamo assistito a giravolte e cambi di alleanze, ma in questo momento mi pare fin troppo banale capire che o si difende e si consolida l’Europa in quanto entità politica, di fronte a colossi come gli Usa, la Cina, l’India oppure diventeremo insignificanti in un futuro molto prossimo. In particolare l’Italia ritornerebbe a essere quella semplice «espressione geografica», senza valenza politica, come già il Metternich l’aveva etichettata nel 1847».

– Eppure i rapporti tra i Paesi sono importantissimi… che sta succedendo?

«Gli scambi economici ormai sfiorano gli 80 miliardi di euro. La Francia è secondo partner commerciale dell’Italia, con un saldo positivo per l’Italia. È questa la ragione principale che spinge liceali e universitari a studiare la lingua italiana, con cifre anche qui in costante crescita. La Francia è sempre stata accogliente con gli esuli italiani del fascismo, ma è stata troppo accogliente con i terroristi degli anni ‘70 e ‘80. Penso che sia andato in crisi il modo di condurre la diplomazia: i francesi sono molto formali e le modalità della nuova politica in Italia sconcerta i livelli medio-alti della politica».

– In Italia queste tensioni hanno fatto molto rumore: e in Francia?

«I media francesi ne hanno parlato poco, rispetto a quelli italiani: non è una colpa italiana se i francesi hanno avuto nel corso dei decenni una fortissima immigrazione dalle loro ex-colonie, che non sono ancor oggi riusciti a metabolizzare. Negli ultimi anni la Francia ha comunque avuto il problema di migliaia di nuovi migranti, provenienti principalmente dall’Italia e “di passaggio” verso Calais. Anche qui vi sono state frizioni, non del tutto risolte, per lo stop decretato dai governo inglese. Forse la politica italiana è stata per molti anni troppo miope riguardo alla questione migratoria, pensando che la maggior parte di migranti sarebbe poi risalita verso Paesi più a Nord… Il problema è la mancanza di una gestione della “politica migratoria” a livello europeo: ci si è affidati a interventi a volte lodevoli, ma sempre estemporanei. Penso che attualmente l’unica soluzione sia quella dei corridoi umanitari, che però rappresenta pur sempre una goccia nel mare, seppure lodevole. La questione ha esacerbato il rapporto Francia-Italia; fino a un anno fa vigeva più o meno un tacito laisser faire, con una certa osmosi di passaggi/rimpatri tra i due Paesi, fatti senza riflettori accesi e caso per caso. Quando il nuovo governo italiano ha irrigidito le sue posizioni, oltretutto in maniera mediatica e plateale, anche il governo francese ha reagito. Ma è stato quasi obbligato, non poteva fare altrimenti».

Da un altro osservatorio, Paolo Morlacchetti, pastore della Chiesa protestante unita di Francia a Nizza, concorda su un punto-chiave: « Nella crisi delle relazioni tra Francia e Italia vedo più che altro il sintomo di una malattia europea. L’intero progetto europeo sta andando in frantumi, asfissiato da pulsioni nazionaliste e identitarie: un rischio che i politici francesi hanno ben chiaro, e hanno ben chiaro che le prossime elezioni di maggio rischiano di creare scenari nuovi e imprevedibili. Per questo anche in Francia si assiste a una campagna elettorale in pratica già iniziata, e i commentatori hanno letto nell’incontro fra Di Maio e la delegazione dei 5 stelle e i gilet jaunes una mossa in tal senso. E tuttavia la visita fatta da un vicepresidente del Consiglio di uno Stato amico a uno dei leader della rivolta dei gilet jaunes, senza avvertire i rappresentanti del governo di Parigi, è considerato all’unanimità un fatto gravissimo».

– Nizza fu terra di esuli italiani: che eredità raccoglie?

«A Nizza gli italiani sono migliaia per ovvi motivi geografici e storici, e tutti sono costernati dai toni raggiunti dai rappresentanti del governo italiano. Venerdì 15 febbraio in piazza Garibaldi, simbolo della città, si è tenuta una manifestazione promossa dal Comitato di amicizia franco-italiana, alla presenza anche di molti sindaci italiani, un bel segnale da parte di chi non si arrende alla voglia di costruire un progetto differente. Vero che pressoché tutti i giornali hanno ricordato come le tensioni diplomatiche fra Italia e Francia ritornano con una certa costanza, perché abbiamo economie simili, con interessi spesso in concorrenza; ma tutti al contempo sottolineano che l’escalation di questi mesi non ha precedenti».

A questo proposito, ha avuto rilievo l’iniziativa di alcuni ricercatori e professionisti, che a Grenoble (città ai piedi delle montagne, che riunisce anch’essa molti italiani) hanno dato vita all’associazione «Democratici europei in Francia», che si propone di dare un’ immagine l’Italia, nel paese che li ospita, diversa da quella della nostra politica, soprattutto in materia di migrazioni: lo ha detto P. Saviotti in un’intervista all’emittente francese France 3 Alpes il 24 gennaio, e ha ribadito il concetto, nella stessa intervista, Marco Genre, insegnante di italiano nella città di Stendhal: ai cittadini grenoblesi e francesi – ha detto al tg – facciamo sapere di “volere un’Europa aperta, tollerante, che sappia accogliere, e che lasci comunicazione tra la Francia e l’Italia, due paesi amici”».

– Che cosa potranno diventare i gilets jaunes?

«Sono un fenomeno totalmente inedito – riprende il pastore Morlacchetti –, di difficile lettura e comprensione, è un errore liquidarli con slogan o categorie rigide. Sono da un lato certamente un movimento populista e anche violento (già 11 i morti in questi mesi di proteste, fra automobilisti e dimostranti), ma hanno anche creato degli spazi di dialogo che rappresenta una novità per le aree rurali in cui le agitazioni hanno preso le mosse. L’assenza della dimensione politica dei gilet jaunes spaventa e inquieta: non è chiaro cosa potrà essere di loro. Nelle nostre chiese vale lo stesso discorso: sono presenti favorevoli e contrari, non importa se di destra o sinistra, e la discussione non è semplice. La Federazione protestante di Francia ha prodotto un comunicato stampa per dire che comprende il disagio di molti strati della società e molti dei motivi delle proteste, ma condanna ovviamente tutte le modalità violente che abbiamo tutti visto in queste settimane».

 

Nella foto del pastore Paolo Morlacchetti un momento della manifestazione di amicizia franco-italiana a Nizza