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La Brexit divide le chiese

Il primo ministro britannico Boris Johnson ha raggiunto il suo obiettivo: il 31 gennaio porterà il suo Paese fuori dall’Unione europea (UE). Un ritiro reso possibile dalla netta vittoria elettorale dei conservatori a metà dicembre 2019, dopo tre anni e mezzo di discussioni, proteste e litigi sulle scene politiche di Londra e Bruxelles.
La Brexit ha diviso i britannici sin dal referendum del 2016. E la frattura tra i “leavers” – quelli che vogliono andarsene – e i “remainers” europeisti, attraversa anche le comunità di fede. Per le chiese la Brexit è diventata un vero e proprio grattacapo, perché il loro ruolo sociale e il loro posizionamento nel dibattito politico, in questi tempi incerti, sono finiti sotto i riflettori.

La Chiesa di Scozia, presbiteriana, già nel 2016 si era pronunciata a favore dell’Unione Europea, rispecchiando l’opinione maggioritaria del popolo scozzese e del Parlamento di Edimburgo. “L’Unione europea è al centro della costruzione della pace e della riconciliazione in Europa”, dice Irene MacKinnon dell’Ufficio parlamentare delle chiese scozzesi, aggiungendo che in gioco vi sono importanti valori cristiani.

La Chiesa di Scozia, molto attenta alle questioni politiche e agli equilibri di potere all’interno del Regno Unito, vede l’apertura del mercato del lavoro come un arricchimento: molti dei suoi ministri di culto provengono infatti dai paesi dell’UE. I presbiteriani scozzesi sono inoltre preoccupati dall’eventualità di una Brexit disordinata che metterebbe in difficoltà le fasce più povere della popolazione.

Anche i cattolici, come i presbiteriani scozzesi, sono considerati amici dell’Europa, afferma Jonathan Chaplin, politologo e membro della Facoltà di Teologia dell’Università di Cambridge.

Situazione più difficile per la Chiesa anglicana d’Inghilterra. Solo alcuni vescovi anglicani si sono espressi contro la Brexit, anche se la maggioranza dei leader della chiesa sono considerati pro-Europa. In autunno, circa la metà dei vescovi ha firmato una lettera in cui mette in guardia dalle conseguenze di una Brexit senza accordo.
Chaplin si rammarica per la mancanza di una chiara posizione in merito all’Europa. Da un lato, la struttura federale, cioè la divisione in 42 diocesi, ha reso difficile l’adozione di posizioni comuni. Dall’altro, adottando una linea filoeuropea la Chiesa anglicana avrebbe dovuto fare i conti con una forte opposizione interna.

Secondo il politologo Chaplin, la Chiesa d’Inghilterra è stata colta di sorpresa. Mentre essa ha elaborato posizioni chiare su questioni come la povertà, la migrazione o l’etica sessuale, che hanno occupato a lungo gli anglicani, non ha sviluppato posizioni definitive sul tema dell’UE. “Il sentimento dominante nella Chiesa d’Inghilterra è l’incertezza sul da farsi”, ha affermato Chaplin.
Ciò che ha unito le chiese è stato l’approccio pastorale alla questione.

La Chiesa d’Inghilterra e la Chiesa di Scozia, così come altre chiese, hanno pubblicato testi per gli studi biblici e preghiere sulla Brexit per le funzioni religiose, mantenendo sempre una posizione neutrale. Entrambe le chiese hanno organizzato “pasti Brexit”, affinché i parrocchiani potessero parlare dei loro sentimenti e delle loro paure.
Mentre i partiti politici si accusavano a vicenda di mentire, le chiese hanno cercato di favorire il dibattito e la discussione. E di fronte alla violenza del confronto politico, la Chiesa di Scozia e altre chiese hanno chiesto ai politici di rispettare i loro avversari. Justin Welby, arcivescovo di Canterbury e quindi leader spirituale della Chiesa anglicana, ha criticato la dura retorica del primo ministro Boris Johnson.

Com’è consuetudine prima delle elezioni, nelle comunità locali sono stati organizzati incontri con i candidati di tutti i partiti, per permettere alla gente di formarsi un’opinione. “La cosa più importante era che le persone potessero ascoltare opinioni diverse dalle loro”, dice MacKinnon. Thomas Jantzen, pastore delle comunità di lingua tedesca in Scozia e nel Nord-Est dell’Inghilterra, sostiene che le chiese hanno cercato di dire che “Dio ama chi lascia e chi rimane”.
Le ultime elezioni parlamentari hanno portato una svolta decisiva. Ora il primo ministro Boris Johnson, accusato di populismo, ha auspicato la riconciliazione tra i vari fronti. È un compito enorme, che richiederà l’impiego di molte energie anche da parte delle chiese.

(da reformiert.; trad. e adat. G. Courtens)