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Non andrà tutto bene, bambini; però…

La scuola primaria e dell’infanzia del Centro diaconale La Noce di Palermo conta 9 classi e 200 bambini. In questo periodo di emergenza da Coronavirus è stata attivata la didattica a distanza e siccome non tutti in famiglia hanno il computer, la scuola ha donato loro per Pasqua alcuni tablet grazie a delle donazioni (per approfondire la situazione leggi l’intervista di Elena Ribet – agenzia Nev qui).

Ma che cosa significa fare scuola a distanza, in particolare per un’attività “fisica” come la psicomotricità? Ne abbiamo parlato con Iolanda Moro, terapista della neuro e psicomotricità dell’età evolutiva, che lavora da molti anni al Centro, prima in riabilitazione e da 14 conducendo, con bambini dai 2 anni e mezzo ai 10, laboratori di psicomotricità attraverso il gioco e il teatro.

Iolanda, con un entusiasmo esplosivo per il suo lavoro e i bambini, ci racconta che in questo «momento storico apocalittico» non sono cambiate l’intensità e la profondità dei rapporti all’interno della comunità della Noce, ma indubbiamente sono messe a nudo la vulnerabilità e l’emotività di piccoli e grandi. 

«No, non andrà tutto bene», dice, scettica sullo slogan rimbalzato da una parte all’altra dell’Italia:

certo con i bambini non si possono che mandare messaggi d’amore, ma deve essere «un amore consapevole di quello che è la crescita del bambino, la sua saggezza, la sua conoscenza concreta e la sua potenza in divenire, in questo momento, privata di libertà d’espressione».

Da qui l’importanza di stimolare la fantasia: «In questo momento in cui si sta dentro le case, la fantasia è il fuori, è quello che ti permette di andare oltre le mura di casa, oltre e oltre… Secondo la psicomotricità ci deve essere un’armonia tra area affettivo-relazionale, cognitiva e motoria, ora c’è il rischio di un’eccessiva intellettualizzazione e una mortificazione della parte motoria, ma di mezzo c’è quello che ti permette di andare fuori, ed è la fantasia, la visualizzazione, la ricerca di un dentro che va fuori…».

La prima modalità utilizzata è quella musicale: «Ogni mattina, al risveglio, invio tramite i gruppi whatsapp delle varie classi un brano musicale, sempre molto energetico, e un video di danza fatto da me. Propongo questa attività ai bambini (e alle famiglie!) per far sì che al mattino si esca danzando dall’intorpidimento. I bambini, lo vedo nei laboratori a scuola, hanno tanta energia da scaricare, la danza permette loro di liberare il corpo e il loro ritmo attraverso un ritmo evocato da alcune musiche».

Non è del resto la prima volta che le famiglie vengono coinvolte, racconta Iolanda, un anno in una classe quarta è stato fatto un lavoro di teatralità sui paladini, ispirandosi al patrimonio siciliano, e «i bambini con le loro famiglie hanno realizzato dei video bellissimi in cui hanno partecipato tutti, chi facendo maschere e costumi con materiali di riciclo, chi cantando…». Ora questa modalità si ritrova tra le mura di casa.

La creatività è al centro dell’ultima iniziativa proposta, alla quale si riferisce la foto in apertura: «Gioco, osservo e scrivo quello che vorrei dire al mondo in questo momento… Il vaccino sono io… mi travesto e invento uno slogan».

«Ho detto – racconta ancora Iolanda – bambini, non sappiamo se andrà tutto bene, intanto facciamo in modo che sia bene quello che stiamo vivendo, proviamo a non perdere la visione che siamo la parte attiva della nostra vita. Non dimenticatevi della bellezza, della potenza, dell’unicità, dell’essere speciale che ciascuno di noi è. Ok, non andrà tutto bene, ma io agisco, sono io il vaccino, il vaccino è ritrovare l’energia di cui in questo momento l’uomo è deprivato: siamo tutti privati di contatti sociali, di fisicità, cose che per un bambino sono fondamentali. Gli abbracci, il dialogo tonico, il maternage, i giochi di irruenza, le esperienze anche di frustrazione con i compagni, l’affettività, è con i suoi pari che il bambino riconosce se stesso, invece in questo momento deve riconoscersi da solo, con l’affettività riflessa della genitorialità, certo, e in condizioni spazio-temporali per alcuni molto disagevoli…».

L’importanza del contatto è fondamentale per Iolanda, che dice: «Videochiamo ogni bambino dopo aver ricevuto il video della sua danza mattutina: lo sguardo e la gestualità sono importanti, anche quando non riescono a dire niente davanti allo schermo, capisci che il non detto sottintende qualcosa di più profondo».

Per questo è cauta sulle tecnologie che in questo momento occupano quasi tutti i nostri spazi di comunicazione: «Anche se  dipende dalluso che se ne fa», è convinta che la comunicazione attraverso la fisicità sia imprescindibile, e che si debba «cercare il più possibile di toglierci da una virtualità imposta e disumanizzante». Per questo, conclude, «lascio che i bambini animino le cose, ma non che le cose animino loro».

 

Foto dalla pagina Facebook del Centro diaconale “La Noce”