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L’unione fa la forza: giovani metodisti per la COP26

La COP26 avrebbe dovuto svolgersi il prossimo mese di novembre, ospitata per la prima volta nel Regno Unito, ma l’evento è stato posticipato al 2021 a causa della pandemia e si svolgerà tra Milano e Glasgow.

Il tema del rispetto dell’ambiente, forse più che mai quest’anno con l’infezione da SARS-CoV-2, è cruciale sotto vari aspetti per il nostro futuro e per la qualità e aspettativa di vita. Dal primo incontro della Conferenza delle Parti sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite, avvenuto a Berlino nel 1995, sono stati fatti molti passi avanti, non senza difficoltà e pareri contrari da parte di istituzioni e nazioni. I governi si sono incontrati annualmente a livello mondiale per affrontare il fenomeno del cambiamento climatico, stabilire azioni volte alla riduzione delle emissioni di gas serra e accordi istituzionali e amministrativi tra gli Stati.

In vista della COP26, la Chiesa Metodista Britannica, in collaborazione con il Joint Public Issues Team e All We Can, ha ideato un progetto internazionale di avvicinamento, coinvolgendo per la parte italiana l’Opcemi, Opera per le Chiese Evangeliche Metodiste in Italia e la Glam, Commissione globalizzazione e ambiente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia.

Il percorso sarà sviluppato in particolare dai giovani e si inserisce nell’ambito dell’impegno delle Chiese metodiste nel mondo per la giustizia climatica. La referente e responsabile del progetto è Irene Abra della Chiesa Metodista di Novara, che spiega: «Non mi ero mai focalizzata tanto su questo aspetto dell’ambiente, poi ho visto in Greta Thunberg quello che tanti giovani vorrebbero vedere: una ragazza giovane che, dal nulla, è riuscita a coinvolgere un mondo intero verso un obiettivo comune. Vorremmo aumentare e rafforzare l’impegno delle chiese metodiste e dei partner nei confronti della giustizia climatica e cercare di essere più sostenibili possibile».

Un discorso che coinvolge le scelte quotidiane di ognuno, ognuna di noi e anche a livello di comunità, ma che si traduce anche in situazioni di emergenza internazionale, se pensiamo ad esempio alle migrazioni. «Il cambiamento climatico coinvolge questioni sociali molto importanti – conferma Irene – Pensiamo ad esempio alle persone costrette a risollevarsi dopo aver perso tutto, donne e bambini in difficoltà. Dobbiamo ascoltare le ragioni e le richieste di chi emigra per motivi climatici, siamo arrivati ad un punto in cui è necessario l’impegno di tutti, anche per aiutare coloro che stanno subendo gli effetti del cambiamento da ormai molti anni. Se usciamo un po’ dai confini dell’Italia, che pur già risente nel suo piccolo, vediamo che in alcune zone del mondo gli avvenimenti catastrofici legati al clima sono all’ordine del giorno».

Irene sarà coadiuvata da un team internazionale di lavoro, composto da giovani metodisti e referenti regionali dello Zambia, delle Fiji e del Regno Unito. «Vorremmo creare una campagna internazionale e ascoltando le esperienze degli altri miei colleghi ho capito quanto sia importante cercare di coinvolgere più persone possibili. I prossimi passi saranno quelli di visitare tutte le chiese metodiste presenti sul nostro territorio, per invitarle ad avvicinarsi a questa tematica. Ecologia e Bibbia hanno una stretta connessione: siamo stati invitati a prenderci cura della creazione. Ci sarà spazio anche per un dialogo intergenerazionale, per creare un ponte di connessione tra i più giovani e altre generazioni, per scambiarci idee e opinioni e proporremo anche delle attività con i bambini, che già sono molto attenti al tema».

Sul sito dell’Opcemi sono già stati pubblicati alcuni materiali e a breve nuovi contenuti saranno postati sulla pagina Facebook dedicata.