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Nigeria. Il rischio dell’Hiv per migranti e rifugiati

Poche ore fa è giunta dalla Nigeria la buona notizia della liberazione delle 317 studentesse rapite ieri nella scuola secondaria governativa di Jangebe nello stato di Zamfara. Una tragedia che ha tenuto tutti con il fiato sospeso.

La Nigeria è esposta a calamità, guerre, povertà, violenze ed è (oltre alla pandemia che attanaglia il mondo intero) da sempre in lotta con un virus, mai debellato, quello dell’Hiv.

Il Consiglio ecumenico delle chiese (Cec) grazie al programma Ecumenical Hiv and Aids Initiatives and Advocacy e Ecumenical Advocacy Alliance (in collaborazione con il Piano di emergenza degli Stati Uniti per l’Aids Relief e UnAids) sta promuovendo nella località di Jos alcuni incontri dedicati al tema Aids, e lo fa in collaborazione con il Consiglio cristiano della Nigeria, che si concluderanno il 5 marzo.

Incontri attraverso i quali si stanno elaborando approcci nuovi per rafforzare le capacità dei leader religiosi – nelle aree particolarmente colpite da conflitti e altre emergenze umanitarie – a gestire questioni chiave e in stretta relazione con la vulnerabilità all’Hiv. Senza dimenticare la prevenzione e il contrasto alla violenza sessuale.

Il workshop è stato progettato per coinvolgere circa 40 leader religiosi, operatori sanitari, persone che convivono con l’Hiv: migranti, rifugiati, sfollati interni, media e altri.

L’approccio (nel rispetto delle norme pandemiche) avviene grazie a studi biblici contestualizzati e con azioni pratiche. Per equilibrare gli incontri sono stati previsti momenti in plenaria e discussioni tra piccoli gruppi.

«Le organizzazioni religiose svolgono un ruolo di primo piano nel rispondere ai bisogni delle popolazioni migranti – ha detto Ayoko Bahun-Wilson, coordinatore regionale delle iniziative ecumeniche per l’Hiv e l’Aids del Cec dell’Africa occidentale -. Crediamo – ha rilevato – che il seminario sia utile, sia altresì necessario per imprimere cambiamenti negli atteggiamenti e favorire azioni di prevenzione. La Nigeria, infatti, ha un’alta incidenza di conflitti che si traducono in un numero elevato di migranti, rifugiati e sfollati interni».

 

Foto di Albin Hillert, Cec-Wcc