s-l1600_1

Lilian Thuram, le mie stelle nere

Raggiungendo il punteggio di 6.91 – un traguardo mondiale ai Tricolori indoor di Ancona – Larissa Iapichino, la “figlia d’arte” di Fiona May e Gianni Iapichino porta con sé l’esperienza surreale e storica di poter partecipare ai Giochi Olimpici di Tokyo 2021 (rimandati di un anno per via della pandemia di Covid-19). Un obiettivo raggiunto con orgoglio, talento e tenacia che porta con sé una storia atletica e famiglia densa e carica di orgoglio.

Da sempre il mondo dello sport è stata una vera e propria culla dei cambiamenti della società. Un riflesso chiaro e lampante degli sviluppi di anni e anni di battaglie di lotte portate avanti anche sui campi da calcio, di basket, di pallavolo e nelle piscine e negli stadi di tutto il mondo. Numerose sono state le volte in cui, un giocatore o una squadra, ha utilizzato un campo o una sfida per lanciare un messaggio ai tifosi e quindi a cittadini di qualsiasi età, ceto, provenienza. Una pratica che, nel corso della storia, ha aperto gli occhi alla società più di leggi e risultati bellici, sconfitte o notiziari.
Un personaggio del mondo dello sport che ha seguito questa strada è di certo Lilian Thuram (1972, Pointe-à-Pitre), ex giocatore di calcio francese che, una volta terminata la carriera sportiva, ha deciso di voler continuare ad agire anche fuori dagli spogliatoi.

Quando nel 2008 chiude la sua esperienza calcistica decide di fondare l’associazione “Fondation Lilian”, una realtà col fine di lottare contro il razzismo e per l’uguaglianza volta al mondo intero. Un’associazione che opera in tutte le sfere dell’educazione per poter formare futuri cittadini consapevoli. Un obiettivo grande e lodevole da un gigante dello sport europeo e internazionale. Un’idea, quella di Thuram che nasce dalla sua esperienza personale: «Sono arrivato in Francia a nove anni nel 1981. C’era un cartone animato con due mucche, una bianca e intelligente, Blanchette, e una nera stupidissima, Noiraude. A scuola i compagni mi chiamavano Noiraude. Sono diventato nero a 9 anni, dentro lo sguardo di un altro. Non capivo.»

E da questa scoperta, da questa mancanza di consapevolezza e di punti di riferimento in cui riconoscersi, negli anni della sua crescita e dell sua esperienza lavorativa come calciatore professionista, Thuram ha raccolto le storie di altri, che come lui, sono stati gli unici, gli ultimi, i discriminati per la loro pelle ma che, nonostante tutto sono riusciti a realizzare scoperte importantissime per la scienza, a cambiare i propri paesi con la politica, a raggiungere i propri sogni grazie alla forza e al talento.
“Le mie stelle nere” (add editore, 2016) è un impegno sociale, un messaggio politico inciso nel tempo che l’autore ha lanciato con l’intento di portare le persone a cambiare il modo di vedere gli afrodiscendenti, le “persone nere” non solo in base al colore della loro pelle ma partendo dalle loro capacità, dai loro sforzi per riuscire a raggiungere vittorie e traguardi.

Barack Obama, Martin Luther King, Tupac Amaru, Muhammad Ali tra i più famosi del mondo della politica, della musica e dello sport, ma non mancano personaggi come Rosa Parks per i diritti civili, Lucy che è stata la prima donna dell’Africa a permetterci di capire un po’ di più delle nostre origini, Dona Beatrice che rese florido e unito il Congo del 1700, Taharqa il faraone della XXV dinastia e molti, tanti altri. Questi uomini e queste donne sono le stelle nere di Thuram, sono le vite che ha raccolto, studiato, amato per condurle fino a noi permettendoci di sapere, di conoscere e di cambiare lo sguardo.
Un’esperienza necessaria che anche personaggi come Larissa Iapichino ci stanno permettendo di portare avanti e nel cuore.

Le mie stelle nere, Lilian Thuram, add editore, 2016, 448 p, 10 euro