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Vaccini: perché l’Africa ci riguarda

L’epidemia di Covid-19 ha risparmiato pochi paesi nel pianeta e l’Africa non ha fatto eccezione. Tuttavia, il continente africano ha riscontrato tra i tassi più bassi al mondo di contagiati, elemento che è stato causa di grandi speculazioni e di un tardivo impegno nel garantire il vaccino in tempi rapidi.

Eppure la questione africana rimane una seria variabile per la salute pubblica internazionale. Dovrebbe essere interesse globale, soprattutto della vicina Europa, agire per garantire una distribuzione equa e tempestiva dei vaccini nei luoghi in cui il virus è ancora endemico e quindi soggetto a mutazioni. Evoluzioni che hanno il potenziale per mettere a rischio l’efficacia del vaccino esistente, contribuendo all’emergere di future varianti. 

C’è chi guarda con sufficienza all’allarme lanciato al riguardo dall’Organizzazione mondiale della Sanità adducendo il fatto che in Africa il contagio sia stato contenuto.

Ma basare la portata della diffusione del virus nel continente africano sui dati attualmente a disposizione, fornisce un quadro falsato dal basso numero di test effettuati. 

Soprattutto nella fase iniziale della pandemia, l’accesso ai kit di prova e ai dispositivi di protezione è stato limitato fornendo una visione poco chiara della situazione. Tuttavia, non è possibile attribuire del tutto alla mancanza di informazioni e di test il basso tasso di infezione da Covid-19.

Una delle chiavi di lettura della inconsistente progressione della pandemia in Africa è il fattore demografico. In tutto il continente, in particolare nell’Africa subsahariana, la popolazione è tra le più giovani al mondo. La bassa media dell’età ha contribuito a ridurre i tassi di mortalità. 

Altro elemento che va evidenziato è la possibilità che a ostacolare l’acquisizione di informazioni accurate sulla diffusione della malattia sia stato il fatto che la percentuale maggiore di infezioni da Covid-19 tra gli individui più giovani sia asintomatica. 

Appare abbastanza difficile rintracciare e contenere le infezioni con una così alta prevalenza di casi asintomatici. Inoltre, effettuare i test per il virus nelle regioni remote e nelle zone di conflitto è stato pressoché impossibile.

La bassa incidenza di Covid-19 in Africa è inoltre da imputare anche alle temperature, con molti paesi (ma non tutti) con inverni temperati evitando il picco delle malattie respiratorie associate a temperature più rigidi alle latitudini più settentrionali.

Anche i tassi di urbanizzazione possono aver contribuito a una più lenta diffusione della pandemia, in particolare nell’Africa subsahariana. La densità urbana spesso implica servizi pubblici condivisi, compreso il trasporto, spazi commerciali e strutture ricreative, rivelandosi vettori aggiuntivi per la trasmissione del virus.

Detto questo, va rilevato che i tassi di urbanizzazione in tutta l’Africa sono piuttosto diversi. Le stime della Banca mondiale vanno dall’ottanta per cento in Libia a meno del venti per cento in Ruanda e Burundi. 

Al di là dei fattori preesistenti che ne hanno determinato la diffusione, vale la pena evidenziare le risposte politiche dei vari governi. Molti paesi africani hanno adottato approcci protettivi rispetto al virus. In particolare, quelli che hanno avuto recenti esposizioni ad altre pandemie, come l’Ebola il cui contenimento, particolarmente aggressivo, è stato adottato anche contro il Covid-19. 

Cittadini di questi paesi hanno probabilmente familiarità con le misure di salute pubblica pensate per contenere le malattie infettive, e possono essere più conformi alle normative di contenimento, come il coprifuoco e le quarantene obbligatorie.

Tuttavia, non tutti i governi in Africa si sono comportati in modo ottimale. 

La Tanzania è entrata in netto contrasto con l’Organizzazione Mondiale della Sanità in merito alla mancata diffusione dei dati sui test a fronte della decisione di non voler avviare una campagna di vaccinazione di massa.

In generale, la maggior parte dei paesi africani si è dimostrata responsabile rispetto all’approccio alla gestione della pandemia nonostante le varie problematiche di altra natura che devono affrontare.

L’accesso ai vaccini è, infine, un impegno significativo in tutto il continente.

Numerosi governi si sono trovati svantaggiati nell’acquisizione dei vaccini, con l’Europa e il Nord America che monopolizzano l’acquisto attuale quanto la fornitura iniziale.

Anche la logistica ha un suo peso. La profilassi e la somministrazione hanno requisiti di stoccaggio onerosi, con conseguenti difficoltà non solo in Africa ma in tutti i paesi a basso reddito.

Questi problemi sono un’importante limitazione per il continente. 

È dunque inevitabile che l’accesso ai vaccini per le economie africane sia svantaggiato.

I paesi più ricchi saranno in grado di promuovere una più rapida campagna di vaccinazione, consentendo loro di riaprire i mercati mentre le economie più povere avranno tassi di vaccinazione più lenti e dovranno probabilmente attendere più a lungo per iniziare la campagna vaccinale.

Le conseguenze per questi paesi si prospettano disastrose. 

Ad esempio per il settore del turismo. Destinazioni popolari avrebbero necessità di vaccinare rapidamente per attirare più visitatori. Come il Sudafrica che, rispetto a quei paesi altrettanto appetibili per i turisti ma che sono in ritardo, sì è mosso da subito in tal senso.

Un elemento dirompente per molti paesi che stanno iniziando a sviluppare un’industria del turismo. La disparità nella fase di vaccinazione danneggia la competitività di destinazioni turistiche africane come l’Egitto e altri paesi con meno disponibilità economiche.

Per garantire una distribuzione equa e ottenere risultati ottimali, la comunità internazionale deve compiere uno sforzo significativo e assicurarsi che nessun paese o regione venga trascurato nell’introduzione del vaccino.

Non lasciare intere regioni o paesi indietro favorirà solide basi per la ripresa sociale ed economica e per la prevenzione di serbatoi virali e di nuove varianti  del Covid-19.

 

Foto di VOA/Arsène Séverin: Un mercante vende mescherine nel mercato di Brazzaville, nella Repubblica del Congo