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Altro blocco alla Sea Watch 3, aveva appena salvato 385 persone

Domenica 21 marzo, le autorità italiane hanno annunciato che la nave della Ong tedesca Sea-Watch 3 era stata posta sotto detenzione amministrativa nel porto siciliano di Augusta. La decisione segue un’ispezione a bordo della nave da parte della guardia costiera italiana che ha riscontrato una serie di irregolarità.
Come racconta Giansandro Merli sul Manifesto  «Si tratta di ispezioni che verificano il rispetto delle principali convenzioni internazionali del mare da parte delle navi commerciali. Normalmente avvengono a cadenza regolare, calcolata in base ad alcuni parametri di sicurezza, ma dopo l’insediamento del secondo governo Conte sono diventate un appuntamento quasi fisso per le Ong. Soprattutto per quelle che battono bandiera tedesca».
 
La nave, arrivata in porto il 3 marzo trasportando 385 persone soccorse al largo della Libia, secondo le autorità italiane sarebbe autorizzata a trasportare un massimo di sole 22 persone in quanto mancante di autorizzazioni, per il salvataggio, certificazioni che non esistono però nell’ordinamento tedesco come in quello italiano,questo uno degli elementi contestati. Proprio domenica mattina è finito il periodo di quarantena per tutte le persone a bordo ed è stato autorizzato il loro sbarco dopo giorni di fermo in porto.
 
Tra gli elementi che hanno portato all’ispezione, ha detto la guardia costiera, vi sono «la mancanza di comunicazioni preventive per l’ingresso nel porto di Augusta» nonché «sulla gestione dei rifiuti nell’ultimo periodo di navigazione».
 
L’ispezione ha confermato le irregolarità emerse all’ingresso del porto e ha evidenziato «ulteriori problematiche per quanto riguarda la sicurezza in mare, le misure antincendio a bordo, la tutela dell’ambiente e dell’equipaggio, che hanno portato al fermo amministrativo della nave». 18 irregolarità, molte facilmente risolvibili, altre invece appaiono strumenti volti a bloccare ancora una volta la nave e la possibilità di soccorrere persone in mare.
 
«Ancora una volta, siamo accusati di aver salvato troppe persone. L’alternativa: lasciare annegare 363 persone, poiché le autorità dell’UE stanno chiudendo un occhio, non mostrando alcuno sforzo per colmare il divario di salvataggio» nel Mar Mediterraneo, ha scritto l’Ong su Twitter .
 
«L’uso politicamente motivato dei controlli dello stato di approdo da parte delle autorità italiane per bloccare le navi di soccorso civile è stato appena messo in discussione dal tribunale amministrativo di Palermo, che ha deliberato a favore della SeaWatch4  e della stessa Sea Watch 3 in attesa di una decisione della Corte di giustizia europea», hanno aggiunto i responsabili di Sea Watch, riferendosi a una decisione della magistratura che ha consentito alla nave Sea Watch 4 di salpare nuovamente dopo essere stata ferma per sei mesi.
Nelle scorse settimane, le autorità spagnole hanno effettuato un’ispezione sulla nave Sea-Watch 3 e ne hanno verificato la conformità con le norme di sicurezza, già riconosciuta, per altro, dalle autorità competenti dello Stato di bandiera, la Germania. Con la certificazione della sua idoneità a operare, Sea-Watch 3 è tornata quindi in mare, soccorrendo subito centinaia di persone in fuga dalla Libia. Ma ora il blocco italiano, l’ennesimo strumento giuridico in mano alle autorità politiche per criminalizzare la solidarietà.