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Un vaccino per l’Hiv?

Mentre gli scienziati di tutto il mondo studiano i vaccini per sconfiggere il coronavirus Sars-CoV-2, dalla Repubblica Democratica del Congo arriva una notizia di speranza riguardo a unaltra pandemia, che negli ultimi quarantanni ha mietuto più di 32 milioni di vittime e contagiato più di 75 milioni di persone in tutto il mondo: lHiv.

Alla fine del 2019 la multinazionale Abbott, azienda con sede negli Usa che opera in più di 160 paesi nel settore delle tecnologie sanitarie (nutrizione, farmaceutica, diagnostica, malattie croniche) aveva annunciato lidentificazione della prima nuova variante, dopo ventanni, del virus Hiv-1 (gruppo M, sottotipo L), il ceppo più diffuso e aggressivo di Hiv, e aveva messo a disposizione della comunità scientifica la sua ricerca, per valutarne limpatto su test diagnostici, trattamenti e potenziali vaccini.

Il sequenziamento del genoma, si leggeva nel comunicato, può aiutare i ricercatori a prevedere le mutazioni del virus ed evitare nuove pandemie: «Lobiettivo di porre fine alla pandemia di Hiv sta diventando fattibile, ma i ricercatori devono restare vigili per monitorare i nuovi ceppi».

Abbott, che da decenni monitora e identifica le mutazioni del virus, ha quindi condotto una ricerca nella Repubblica democratica del Congo in collaborazione con la Johns Hopkins University, il National Institute of Allergy and Infectious Diseases, lUniversità del Missouri-Kansas City e lUniversité Protestante del Congo.

Si è rilevato che un numero crescente di persone è riuscito a sconfiggere il virus, e gli studi genetici potrebbero portare a sviluppare un vaccino mirato: su 10.457 persone sono stati trovati 429 elite controller”, persone che sono riuscite ad annullare il contagio, una percentuale molto più alta (2,7-4,3%) rispetto al resto del mondo (0,1-2%).

Nel marzo 2021, il Centro ha quindi annunciato che le ricerche nel paese africano potrebbero portare allavanzamento delle terapie o alla creazione di un vaccino.

I risultati della ricerca sono stati pubblicati su EBioMedicine”, sezione della prestigiosa rivista The Lancet”, e mostrano che «un numero insolitamente altro di persone che aveva il virus, era in grado di sopprimerlo senza alcun trattamento anti-virale». Lo scrive Kathy Melvin in un articolo del “Presbyterian News Service”, raccontando il contributo dato alla ricerca negli ultimi due anni proprio dalla PcUsa.

In particolare, ha giocato un ruolo importante Larry Sthreshley, collaboratore della Presbyterian Mission nella Rdc, insieme alla moglie Inge, entrambi figli di missionari (rispettivamente presbiteriani e metodisti) cresciuti in questo paese.

Sthreshley, specializzato in gestione della salute pubblica, direttore nazionale della Ima World Health, organizzazione internazionale fondata da chiese protestanti e organismi ecclesiastici, è impegnato in vari programmi (accesso alle cure, salute materno-infantile, prevenzione della violenza di genere, vaccinazioni…) da circa trentanni, lavorando con il governo, le chiese e le comunità su un bacino di 8 milioni di persone.

Coinvolto  nella ricerca della Abbott, Sthreshley ha aiutato l’azienda nelle procedure burocratiche, a raccogliere i campioni di sangue negli ospedali della missione, lha messa in contatto con lUniversità protestante del Congo. Linda James e Jonathan Niles, due dipendenti della Ima World Health, hanno fatto parte del gruppo di ricerca e sono citati nello studio della Abbott.

La Rdc è un osservatorio privilegiato per lo studio del virus, sottolinea Sthreshley, dal momento che proprio qui è cominciato il contagio (come rivelato da uno studio su Science nel 2014), e che in questo paese il numero di individui con Hiv controllato è quattro volte più alto della media. Egli ha visto i devastanti effetti dellAids nel suo lavoro sia in Rdc sia in Camerun, e ricorda che in questultimo paese «gran parte dello staff della chiesa era costantemente impegnato in funerali, la nostra governante è morta di Hiv e poco dopo è morto suo marito», lasciando una figlia alle cure dei due missionari.

Sthreshley è inoltre convinto che i progressi nello sviluppo dei vaccini anti Covid-19, in particolare quelli a mRna, possano aiutare ad accelerare questo processo.

 

Foto: Wikimedia (Creative Commons Licence