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Un’isola prigione in mezzo al mare

Il governo del Bangladesh ha trasferito quasi 20.000 rifugiati Rohingya in un’isola remota senza un’adeguata assistenza sanitaria, mezzi di sussistenza o protezione: è quanto afferma  l’organizzazione internazionale per la difesa dei diritti umani, Human Rights Watch (RHW), nel rapporto pubblicato il 7 giugno intitolato «Un’isola prigione in mezzo al mare: il trasferimento dei rifugiati Rohingya del Bangladesh a Bhasan Char».

Il documento di 58 pagine rileva che le autorità del Bangladesh hanno trasferito molti rifugiati sull’isola di Bhasan Char senza un consenso completo e informato e hanno impedito loro di tornare sulla terraferma. Mentre il governo afferma di voler trasferire almeno 100.000 persone nell’isola di limo presente nel Golfo del Bengala per alleviare il sovraffollamento nei campi profughi presenti a Cox’s Bazar, HRW ha espresso la preoccupazione che siano in atto misure insufficienti per proteggere i rifugiati da gravi cicloni e mareggiate.

Tra maggio 2020 e maggio 2021 Human Rights Watch ha intervistato 167 rifugiati Rohingya, di cui 117 a Bhasan Char e 50 a Cox’s Bazar, 30 dei quali sono stati successivamente trasferiti sull’isola. Gli intervistati hanno denunciato: assistenza sanitaria e istruzione inadeguate, gravi restrizioni ai movimenti, carenza di cibo, mancanza di opportunità di sostentamento e abusi da parte delle forze di sicurezza.

Secondo HRW la responsabilità principale della situazione dei Rohingya è del Myanmar. Il 25 agosto 2017, l’esercito iniziò una brutale campagna di pulizia etnica contro i musulmani Rohingya fatta di uccisioni di massa, stupri e incendi dolosi che costrinsero oltre 740.000 a fuggire nel vicino Bangladesh, che ospitava già dai 300.000 ai 500.000 rifugiati non registrati Rohingya fuggiti a seguito di una precedente persecuzione. Se è vero che il Bangladesh ha aperto i suoi confini ai Rohingya, le autorità non hanno però reso le condizioni del campo profughi veramente ospitali: è stato bloccato l’accesso a Internet per quasi un anno, è stata negata l’istruzione ai bambini e sono state costruite recinzioni di filo spinato che limitano i movimenti e l’accesso ai servizi di emergenza. Le forze di sicurezza sono accusate di arresti arbitrari, sparizioni forzate ed esecuzioni extragiudiziali.

Nel maggio 2020, il Bangladesh ha portato per la prima volta sull’isola di Bhasan Char oltre 300 rifugiati Rohingya salvati in mare. Il governo inizialmente ha affermato che sarebbero stati messi in quarantena sull’isola per prevenire la diffusione di Covid-19 nei campi, poi di fatto ha vietato alcuni ricongiungimenti familiari. A dicembre, le autorità del Bangladesh hanno iniziato a trasferire sull’isola migliaia di rifugiati dai campi, rinunciando alle promesse di consentire una valutazione tecnica indipendente relativa ai livelli di protezione, sicurezza e abitabilità dell’isola. Dal 17 al 20 marzo scorso una delegazione delle Nazioni Unite di 18 membri ha visitato l’isola: i rifugiati hanno affermato che è stato loro permesso di parlare solo in presenza di funzionari del governo del Bangladesh e sono stati costretti a far credere che non ci fossero problemi sull’isola.

Human Rights Watch ha richiamato le autorità del Bangladesh ad agire secondo le raccomandazioni formulate dalle Nazioni Unite dopo la loro visita sull’isola.

Il governo del Bangladesh in una lettera inviata a Human Rights Watch ha dichiarato di aver «assicurato un’adeguata fornitura di cibo insieme a servizi igienico-sanitari adeguati e strutture mediche per i Rohingya a Bhasan Char» e che tutti i trasferimenti si sono basati sul consenso informato. Tuttavia, le testimonianze dei rifugiati hanno ampiamente confutato queste affermazioni.

Le condizioni dei rifugiati rischiano di aggravarsi con la stagione dei monsoni che inizierà a giugno: l’isola è a rischio di forti venti e inondazioni e gli argini intorno all’isola sono inadeguati a resistere alle tempeste monsoniche. C’è il rischio che i rifugiati, il personale di sicurezza del Bangladesh e gli operatori umanitari possano finire abbandonati sull’isola con rifornimenti limitati poiché il trasporto marittimo o aereo è limitato in caso di maltempo.

«Mettere rifugiati riluttanti su un’isola remota, dove i cicloni sono comuni, è una cattiva idea», ha dichiarato Bill Frelick, direttore dei diritti dei rifugiati e dei migranti – HRW. «I rifugiati Rohingya devono essere trattati con dignità e rispetto per la loro sicurezza e benessere e devono poter fare scelte informate e volontarie sulle loro condizioni di vita fino a quando non si troveranno soluzioni a lungo termine».