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22,5 anni di carcere per l’assassino di George Floyd

Ha «trattato il signor Floyd senza rispetto e senza la dignità riservata a tutti gli esseri umani, dignità che avrebbe certamente concesso a un amico o a un suo prossimo». È con questa frase concisa che si conclude il documento di condanna di Derek Chauvin, l’ufficiale di polizia bianco che ha ucciso l’afroamericano George Floyd soffocandolo con un ginocchio sul collo durante un arresto nel maggio 2020 a Minneapolis, Minnesota.

Riconosciuto colpevole ad aprile, l’ufficiale è stato condannato a 22,5 anni di carcere per le sue azioni dal tribunale della contea di Hennepin venerdì 25 giugno.

La morte di Floyd ha dato origine a un’ondata di proteste antirazziste senza precedenti dal movimento per i diritti civili degli anni ’60.

Questa condanna, la prima per un agente di polizia del Minnesota accusato di omicidio in servizio, non è così dura come il massimo di 40 anni richiesto dalla famiglia Floyd, ma è superiore al minimo di dodici anni previsto dalla scala dello Stato del Minnesota per i reati contestati all’ex agente. Il giudice della contea di Hennepin, Peter Cahill, ha tenuto conto di diverse circostanze aggravanti nel definire la sentenza, citando in particolare «la particolare crudeltà» delle azioni del condannato.

Proprio come il processo, la sessione di condanna è stata punteggiata da momenti emotivi, con testimonianze di membri della famiglia Floyd, tra cui sua figlia di 7 anni, Gianna, e suo fratello, Terrence. «Perché? A cosa stavi pensando? Cosa stava succedendo nella tua testa quando avevi il ginocchio sul collo di mio fratello?», ha chiesto il fratello a Derek Chauvin, seduto a pochi metri da lui nell’aula.

Anche Carolyn Pawlenty, madre di Derek Chauvin, si è rivolta a suo figlio. «Il mio momento più felice è quando ti ho dato alla luce. E il secondo, quando ho avuto l’onore di appuntarti il ​​distintivo della polizia». In questa prima apparizione pubblica, è anche venuta in sua difesa assicurando al giudice Cahill che non riconosceva suo figlio, un «uomo buono», «onorevole», nell’immagine che ne ritraevano i media e i pubblici ministeri.

Vestito con giacca grigia e cravatta, Derek Chauvin ha anche parlato brevemente per la prima volta. Ha offerto le sue «condoglianze» alla famiglia Floyd e ha detto loro, in modo criptico, che «ci saranno più informazioni in futuro che saranno di interesse. Spero che ora possiate avere un po’ di tranquillità».

L’annuncio della sentenza ha suscitato reazioni contrastanti. La sorella di George Floyd, Bridgett, ha dichiarato che essa mostra che «la brutalità della polizia viene finalmente presa sul serio» ma che «ci sono ancora» molti cambiamenti da apportare «perché i neri siano davvero tutelati in modo equo da parte della polizia in questo paese».

Ben Crump, l’avvocato dei Floyd, legge la sentenza come un «passo nel cammino verso la riconciliazione» del paese e della famiglia, e il presidente Joe Biden l’ha trovata «appropriata».

Derek Chauvin, che dovrebbe appellarsi alla sua condanna, potrebbe essere scarcerato dopo quindici anni per buona condotta. È oggetto anche di un’altra causa federale, ma non è stata ancora fissata la data del processo.

Il pastore Jim Winkler, presidente del Consiglio nazionale delle chiese Usa aveva dichiarato: «Prego che questo verdetto aiuti a promuovere la causa della giustizia razziale anche se abbiamo ancora molta strada da fare», mentre la pastora LaTrelle Easterling, Conferenza di Baltimora-Washington, United Methodist Church: «Sebbene il sistema giudiziario abbia funzionato, c’è ancora una famiglia che soffre per l’inutile perdita della persona amata. Questo non è un momento per festeggiare; è un momento di riflessione per tutti coloro che sono coinvolti nella morte di George Floyd e per tutto ciò che si è svolto in quei nove minuti e 29 secondi lo scorso maggio, che ha dato vita al più grande movimento per i diritti umani nella storia della nostra nazione. È un momento per riflettere sul motivo per cui la giustizia è ancora sfuggente per troppi. I verdetti forniscono maggiori garanzie a tutti gli americani che la vita, indipendentemente dall’etnia, è sacra, uguale e degna. Rafforzano la verità che ogni figlio di Dio possiede intrinsecamente diritti che devono essere rispettati da tutti, compresi coloro che hanno giurato di servire e proteggere le nostre comunità».