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Chiesa e diaconia, binomio indissolubile

Diaconia, cioè le opere sociali delle chiese, e la vita della chiesa. Perché dovrebbero essere in dicotomia, o in alternativa?

Per superare una discussione che anche, ma non solo, ha preso piedi negli ultimi anni nel mondo valdese, con una diaconia in crescita, un’attività di intervento sociale a vari livelli sempre più efficiente e professionale, e al contempo con una chiesa che arranca, si svuota, e si chiede il senso di quelle che appaiono due velocità diverse.  Da tempo si riflette sul tema con dibattiti, momenti di confronto, e quello di ieri sera 25 agosto in chiusura del Sinodo valdese e metodista che si è svolto a Torre Pellice (To) rientra in questo filone.

L’occasione è stato l’appuntamento con “Frontiere diaconali”, uno dei momenti che fanno da cornice ai lavori sinodali, e che è occasione anche per presentare le attività della Diaconia valdese attraverso la pubblicazione dei “Quaderni”.

Coordinati dal direttore della rivista Confronti Claudio Paravati sul palco è toccato portare un contributo di riflessione a Eric Noffke, professore di Nuovo Teestamento presso la Facoltà valdese di Teologia di Roma, a Fulvio Ferrario, decano uscente della stessa facoltà in cui insegna Teologia sistematica, e a Francesco Sciotto, proprio ieri nominato presidente della Csd, Commissione sinodale per la Diaconia.

A Noffke il compito di inquadrare l’irrompere della rivoluzionaria figura di Gesù diacono. «Fino al tempo di Gesù il messia era una figura sopra gli altri, che si siede e giudica le nazioni e le genti. Con Cristo questo concetto si capovolge, lui viene per servire il prossimo, fino al massimo grado possibile: sacrificarsi per salvare il mondo. Uno stravolgimento totale, da un lato del ruolo di messia come rappresentato nell’Antico Testamento e dall’altro della rigida gerarchia della società romana dell’epoca. Gesù viene per servire tutti, Cesare era servito da tutti.

La diaconia è tante cose, è oggi un mondo di vedere il mondo, di servire il prossimo in senso assoluto. In questo senso o siamo diaconali o non siamo nella nostra fede, perché la fede cristiana è fatta prima di tutto dall’annuncio di servizio del prossimo».

Il pastore Sciotto ha ragionato invece sul rapporto fra testimonianza e professionalità: «Oggi una sorella in sinodo ha chiesto di istituire il ministero del diaconato locale; segnale di vitalità del volontariato nelle chiese, ma anche del fatto che le persone hanno bisogno di formazione, per occuparsi degli anziani, degli ultimi, del prossimo; c’è una richiesta di mettersi a disposizione per aiutare coloro che sono attorno a noi. Per me la diaconia è lo spazio dell’etica, e nell’etica si possono avvicinare tutti i tipi di persone, e farsi avvicinare da tutti, perché noi abbiamo la certezza della grazia in quanto ogni volta che il Signore ha guarito, financo noi, il suo messaggio è per tutti, e dunque non possiamo pensare che la diaconia abbia obblighi, ma agiamo per gratitudine verso il Signore.

Non dobbiamo avere l’ansia che tramite la diaconia si debbano riempire le chiese: noi serviamo il prossimo, tutti, indistintamente, ma è vero, le nostre chiese si svuotano e noi siamo preoccupati. Per cui la sfida non credo sia avere una diaconia che assuma solo personale evangelico e cura solo evangelici né andare verso una diaconia di solo volontariato in un’epoca di grande e necessaria professionalizzazione». Come conciliare dunque la sempre più necessaria professionalizzazione delle figure diaconali, e dall’altro una chiesa in sofferenza? «Con la diaconia forse possiamo dare voce a un pezzo della società che non a voce in questo momento di odio. Dobbiamo sapere che un pezzo del lavoro dei nostri lavoratori è anche parlare insieme alle nostre chiese, dar voce alle nostre chiese. Non convertiamo nessuno né si può pensare che la diaconia riempia le chiese. Facciamo le cose con gli altri con un solo spirito, quello della grazia. Ed è con questo spirito che possiamo aiutarci l’un l’altro».

A tentare una sintesi è in chiusura il professor Ferrario che ricorda come la Facoltà di Teologia abbia organizzato negli anni scorsi un corso proprio su diaconato e pensiero teologico per tentare anche di comprendere il perché di quello che a volte appare un disagio delle chiese in sofferenza di fronte a una diaconia funzionante. «Ovunque nel mondo le chiese hanno questo dibattito in corso, fra culti senza più persone e servizi sociali ben oliati. Il risultato può essere forse una sintesi, in cui ognuno impara dall’altro. Nessuna etichetta di chiesa da mettere nelle strutture diaconali, ma un dialogo, un reciproco scambio, in cui i membri di chiesa di solito dediti al volontariato, possono imparare dalla professionalità degli operatori diaconali varie modalità lavorative ottimali, e al contempo la chiesa offrire loro i suoi doni, il rinnovo della grazia.

Gianluca Barbanotti, segretario della Csd-Diaconia valdese ha infine presentato insieme a Valentina Tousijn, che ha fatto parte del tavolo tecnico di stesura, la riscrittura della mission della Diaconia valdese, ripensata a una ventina d’anni dalla precedente stesura, per aggiornarsi ai tempi, alle nuove sfide nel frattempo emerse, alle nuove competenze acquisite.