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Un altro colpo per il Burkina

«Due settimane fa il presidente del Burkina Faso, Roch Marc Christian Kaboré, aveva partecipato a un vertice regionale in cui sono state imposte pesanti sanzioni ai golpisti in Mali. L’altro ieri, però, lo stesso Kaboré è stato vittima di un colpo di stato militare, e la sua sorte al momento è sconosciuta. Il Burkina Faso, uno degli stati della regione del Sahel, è il terzo paese a subire un colpo di stato nel giro di pochi mesi, dopo la Guinea e il Mali. 

I golpe salgono a quattro se includiamo la successione poco ortodossa in Ciad dopo la morte del presidente Idriss Déby. Per non parlare del Sudan, più a est, dove i militari hanno bloccato il processo verso il ritorno della democrazia», così si legge sul sito di Internazionale nell’articolo tradotto in italiano e di Pierre Haski, France Inter (Francia).

A guidare il colpo di Stato, dice il mensile Focus on Africa è stato «il tenente colonnello Paul-Henri Sandaogo Damiba.

Questa nuova svolta militare affonda le proprie ragioni in una situazione sempre più difficile per il Paese, sia sotto il profilo della sicurezza che sotto quello economico e politico. Le richieste degli ammutinati nei campi militari di Ouagadougou disegnano, in tal senso, proprio un quadro di questo tipo: i militari chiedono infatti “mezzi appropriati” per combattere il terrorismo di matrice islamista».

Quello di queste ore è il terzo colpo di Stato da quando Blaise Compaoré ha perso il potere nel 2014. Dal 2015, il Paese subisce attacchi terroristici che hanno provocato oltre 1,4 milioni di sfollati interni e molte vittime.

 La situazione della sicurezza si è deteriorata negli ultimi mesi. 

«Oltre 500 soldati sono morti dall’inizio delle violenze – ricorda ancora Focus on Africa -. Gli attacchi hanno anche causato la chiusura di 2.244 scuole e interessano 304.564 studenti in diverse regioni del Paese a partire dal 28 maggio 2021».

L’Alto Volta cambiò il suo nome in Burkina Faso (ossia: Paese degli uomini integri), per volontà di Thomas Sankara, politico e leader rivoluzionario a capo dell’esercito che prese il potere (attraverso un golpe) nel 1982. 

Poi presidente (1983) avviò una politica di lotta alla corruzione e alla povertà basata sulla self-reliance e promosse l’istruzione e la sanità per tutti, sostenne i diritti delle donne e tentò di smantellare le gerarchie di privilegio. 

«Creò una Repubblica democratica popolare apartitica e definì la sua rivoluzione antimperialista – ricorda Treccani -, ispirata ad afro-socialismo e solidarismo. Fu fautore del panafricanismo, ma entrò in guerra confinaria col Mali (1985)». 

Fu ucciso nel corso di un colpo militare guidato dal suo amico e collega Blaise Compaoré. 

Celebre fu il discorso pronunciato alle Nazioni Unite, incentrato sul debito africano e sul ruolo del colonialismo (Venticinquesima conferenza dell’Oua – Organizzazione per l’unità Africana, Addis Abeba 29 Luglio 1987).