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Sinodo della Chiesa d’Inghilterra: curare il razzismo nella chiesa

Il fallimento decennale nell’affrontare il razzismo e la mancanza di diversità all’interno della Chiesa d’Inghilterra è «agghiacciante», «ferisce» ed «è uno scandalo», ha detto Lord Paul Boateng al Sinodo generale della Chiesa d’Inghilterra in corso dall’8 al 10 febbraio alla Church House di Westminster, Londra, in un potente discorso martedì pomeriggio.

«Il Parlamento si presenta meglio di voi in termini di diversità: è composto infatti da persone di ogni razza e di ogni provenienza».

Lord Boateng, che è di origine ghanese e scozzese, è diventato il primo ministro di origine africana del Regno Unito quando è stato nominato alla guida del Ministero del Tesoro nel 2002. 

Boateng è un metodista attivo ed è un predicatore laico; ha servito come delegato metodista al Consiglio ecumenico delle Chiese e come vice-moderatore del suo programma di lotta al razzismo. Durante le elezioni generali sudafricane del 1994 che posero fine all’apartheid, è stato membro della delegazione inviata dall’Associazione dei parlamentari dell’Europa occidentale contro l’apartheid per monitorare le elezioni.

La diversità nel governo ha richiesto non solo tempo ma anche una strategia, che manca alla Chiesa, ha detto. «Non c’è carenza nella chiesa di buone intenzioni. C’è carenza di realizzazione».

Ha quindi sfidato il Sinodo: «Quando siamo preoccupati, e dovremmo esserlo, per i banchi vuoti… per i nostri fallimenti nella missione e nel servizio, dobbiamo porci una domanda difficile: Stiamo di fatto utilizzando tutte le risorse che sono là fuori? Stiamo sfruttando al meglio le persone che abbiamo?».

Lord Boateng era stato invitato ad aggiornare il Sinodo sul lavoro della Commissione per la giustizia razziale degli arcivescovi di cui è stato nominato presidente lo scorso luglio.

«Nessuna persona nera, nessuna persona di colore in questa stanza, trova facile parlare di razzismo, che lo crediate o no. Non ci piace doverlo fare. Ma dobbiamo farlo perché è parte integrante della nostra realtà che non va mai via».

Ha reso omaggio alla task force sul razzismo degli arcivescovi e al loro rapporto, Lament to Action, pubblicato l’anno scorso. La Commissione, ha spiegato, è stata incaricata di attuare le loro raccomandazioni, la maggior parte delle quali sono già state accettate dal Sinodo.

Ha proseguito dicendo, tuttavia, che: «La cosa più agghiacciante di questo rapporto, la cosa più preoccupante, sono le appendici: la lunga lista di raccomandazioni precedenti – ha detto, mostrandole al Sinodo- , che non sono state attuate. Promesse fatte che non sono state mantenute. È agghiacciante. È uno scandalo. E deve essere affrontato».

Il sentimento non è sufficiente, ha avvertito. «Dobbiamo avere una strategia. L’amore non come un sentimento ma come una forte strategia. È quell’amore strategico che cambia le cose».

Ripetendo i commenti fatti al momento della sua nomina, Lord Boateng ha detto tra gli applausi generali: «Tutti noi siamo sminuiti dal razzismo. Dobbiamo parlare di quelle cose che causano dolore, non solo l’uno all’altro, ma a Lui. Il razzismo è una ferita aperta nel corpo di Cristo. Ogni volta che soccombiamo ad esso, lo feriamo».

Questa ferita include il dibattito in corso sui monumenti ai mercanti di schiavi negli edifici ecclesiastici – un argomento che è stato sollevato dall’arcivescovo di Canterbury durante l’emozionante dibattito che è seguito.

«Perché», ha chiesto l’arcivescovo Justin Welby, con veemenza, «è così difficile rimuovere un monumento ad uno schiavista che si trova di fronte agli uffici del decano di un college – il Jesus College di Cambridge?». Il riferimento è a Tobias Rustat, grande benefattore dell’Università di Cambridge nel 1600 ma soprattutto grande finanziatore della Royal African Campany che ha portato circa 150mila persone in schiavitù dall’Africa verso la madrepatria Inghilterra, verso le Americhe o qualsiasi altra colonia britannica. Ha anche detto che la Chiesa deve cambiare il suo sistema di nomine per riconoscere i candidati appartenenti alle minoranze etniche. «Ho assistito a tante occasioni in cui la gente ha detto: “Sono meravigliosi, ma non qui e non ora”. Questo deve cambiare. Perché non qui? Perché non ora?».

È seguito un lungo e appassionato dibattito che rende chiaro quanto il tema bruci sulla pelle della Chiesa d’Inghilterra. Solo uno dei 42 vescovi anziani ad esempio proviene da una minoranza etnica.

 

Foto By Paasikivi – Own work, CC BY-SA 4.0, la CHurch House di Westminster