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Le sfide delle donne

Il giornale Riforma ospita questa settimana, nella sua versione cartacea e online cliccando qui, alla vigilia dell’8 marzo, un quaderno di approfondimento proposto dalla Federazione delle donne evangeliche in Italia (Fdei) sul tema donne e lavoro

«Argomento che ci sta molto a cuore – racconta Gabriela Lio, presidente Fdei – perché preoccupate da una situazione già di per sé strutturalmente complicata, accentuata nei suoi tratti più pericolosi dalla pandemia. Isolamento domestico, doppio e triplo lavoro, cioè cura dei genitori, dei figli in didattica a distanza, mentre si continua a svolgere le proprie mansioni. Ritmi e carichi insostenibili, per molte donne, soprattutto delle classi meno agiate». 

Per segnalare tali criticità, la Fdei già nei primi mesi del 2020 aveva scritto una lettera alla ministra per le pari opportunità Elena Bonetti affinché la frase simbolo di quella stagione, “Io resto a casa” non si trasformasse in un incubo per metà della popolazione, quella femminile.

«Continueremo a studiare il tema, vogliamo conoscere come si muovono le giovani, le donne migranti, le più emarginate, quali difficoltà devono affrontare, e quali correttivi la politica deve mettere in atto per superare le disparità con gli uomini in termini di salario, di carichi di lavoro, di violenza subita in varie forme. Questo quaderno vuole fare la sua parte offrendo strumenti di riflessione e analisi».

La tradizionale attenzione rivolta dalla Fdei proprio alla violenza sulle donne ha portato la pastora Lio a seguire con attenzione la nascita, finalmente anche in Italia, di un coordinamento che chiede a gran forza di indagare sugli abusi, in particolare nei confronti dei minori, all’interno della Chiesa cattolica. Il neonato coordinamento è stato presentato il 15 febbraio in una conferenza stampa che ha visto una fitta partecipazione di giornali e televisioni estere ((New York Times, Washington Post, El Paìs, La Croix, la Tv nazionale spagnola per citarne solo alcuni) segnale della forte attenzione internazionale all’argomento.

 «Il focus è gioco forza sulla Chiesa cattolica che in Italia ha un ruolo predominante anche da un punto di vista culturale e sociale, ma non dobbiamo pensare sia un problema soltanto loro. Mi occupo del tema da molti anni e sono oramai molte le testimonianze anche in ambito evangelico. C’è nelle chiese un problema di abuso di potere, patriarcale e misogino che è però anche lo specchio di quanto accade nelle nostre società. Serve accompagnamento al pastore, al ministro di culto, spesso figura solitaria alla guida di una comunità e sola nel suo quotidiano. Per cui spero che anche la Fdei possa a breve decidere di entrare ufficialmente in questo gruppo di lavoro che si occupa di uno dei nostri punti di azione». 

Chi fa parte con determinazione fin dal principio del nuovo coordinamento è l’Osservatorio interreligioso sulle violenze contro le donne (Oivd), che dalla sua nascita nel 2019 si spende senza sosta per monitorare la situazione, con una particolare enfasi rivolta agli abusi ai danni delle religiose. «A ispirarci in tal senso – ci dice Paola Cavallari, che dell’Osservatorio è presidente – è stato in particolare il libro di suor Anna Deodato “Vorrei risorgere dalle mie ferite”, una sconcertante raccolta di testimonianze di dolore e sofferenza. Ciò che è accaduto in Francia poi ci ha portate a impegnarci anche sul tema dell’abuso sui minori, aspetto convergente con l’abuso sulle religiose, perché originato dalla stessa logica predatoria, e di un abuso di potere ammantato di sacralità». Il riferimento è al drammatico scandalo degli abusi all’interno della Chiesa cattolica transalpina: un orrore che conta oltre trecentomila vittime in un arco di 70 anni e migliaia di preti abusanti. Ma prima c’erano già state le inchieste negli Stati Uniti, in Australia, Irlanda, Olanda, Germania, solo per citarne alcune, che fra mille difficoltà hanno illuminato ciò che si voleva tenere nascosto ad ogni costo. 

Da qui la richiesta del coordinamento #ItalyChurchToo, di cui fanno parte oltre all’Oivd, Donne per la Chiesa, Noi siamo Chiesa, Adista, Rete L’Abuso, Comitato vittime e famiglie, Voices of Faith, Comité de la Jupe e Left di una commissione di indagine indipendente dalla Chiesa cattolica stessa, considerata non in grado di riformarsi dall’interno, di riconoscere a pieno la portata della sfida. La Chiesa cattolica in questi anni ha creato dei centri di ascolto diocesani le cui informazioni raccolte rimangono però nascoste all’opinione pubblica, la collaborazione con le forze inquirenti è pressoché nulla, la trasparenza assente.

Ma il nostro Paese, così pervaso di cultura cattolica, è pronto a fare i conti con un simile dramma?

«L’Italia non è pronta, ma il tema non è più rinviabile. La nostra società è talmente intrisa di norme e forme riconducibili ad universo cattolico preconciliare che il mettere in discussione la struttura ecclesiastica appare inconcepibile», continua Cavallari. Ne è specchio anche la narrazione del fenomeno, limitata a elencare i fatti come fenomeno di cronaca, slegati gli uni dagli altri, mentre serve un’analisi sistemica per coglierne la portata. Parliamo di fenomeni tutti inscrivibili in una logica patriarcale e sessualmente predatoria, con abusi che sono prima di tutto di autorità e in cui la sacralità gioca un ruolo importantissimo». 

E le donne che compongono l’Osservatorio, provenienti da contesti e tradizioni così differenti (cattolica, evangelica, ebraica, musulmana, ortodossa, induista e buddista), trovano una linea comune su tali argomenti? «La trovano proprio perché, in quanto donne, hanno chiaro quanto l’istituzione religiosa alimenti e legittimi il potere maschile. Piuttosto per molte di noi non è semplice poi praticare tale valore e svolgere questo ruolo di spina nel fianco all’interno delle comunità, di cui comunque ci si sente parte.

Il grande assente da questi discorsi spesso appare proprio il protagonista principale, il maschio: «Vero – conclude Cavallari -. Vi sono state esperienze molto positive in tal senso, soprattutto in ambito pastorale battista, metodista e valdese, ma è la società intera che deve fare di più: è fondamentale rivolgersi agli uomini perché escano da stereotipi costruiti nei secoli, e perché sperimentino che il beneficio sarà anche loro».