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Uso (e abuso) del pensiero di Bonhoeffer: qualche chiarimento

Il segretario del Partito democratico, Enrico Letta, cita Bonhoeffer nella sua dichiarazione di voto a favore della decisione di fornire armi all’Ucraina. Si tratta dell’affermazione secondo la quale, se un pazzo al volante di un automezzo travolge e uccide i passanti, un pastore non può limitarsi a occuparsi delle vittime, bensì, se è in grado di farlo, deve impedire al folle di far danno, eventualmente anche con la forza. Inevitabilmente, la citazione è finita nella centrifuga della discussione relativa alla scelta dell’Unione Europea e dell’Italia e le reazioni coprono tutto lo spettro, dall’entusiasmo allo scandalo per la vera o presunta strumentalizzazione. Mi limito, qui di seguito, a qualche nota di chiarimento sulla posizione del teologo e sul suo significato attuale per noi.

La frase di Bonhoeffer non proviene da un suo testo, bensì da una conversazione con alcuni compagni di detenzione nel carcere di Tegel, che gli chiedevano come un uomo della chiesa potesse partecipare a un’operazione violenta come l’assassinio del capo dello Stato. Si tratta dunque, per così dire, di una tradizione orale. Il senso è abbastanza chiaro, anche perché corrisponde a numerose affermazioni dei frammenti dell’Etica e del saggio Dieci anni dopo, pubblicati postumi: esistono circostanze nelle quali l’azione responsabile e adeguata alla realtà non si lascia ricondurre a posizioni etiche che restano sacrosante. Bonhoeffer (a differenza, peraltro, di una lunga tradizione teologica) non sviluppa una dottrina del tirannicidio. Si limita ad affermare che, nella situazione data, Hitler e il nazionalsocialismo devono essere tolti di mezzo e che questo può accadere solo mediante la violenza armata.

Negli anni centrali della sua vita, il teologo era stato un pacifista radicale, ispirato da Gandhi, fautore dell’obiezione di coscienza e della necessità di un concilio ecumenico che vietasse ai cristiani e alle cristiane di prendere le armi contro sorelle e fratelli nella fede. Le tesi di Bonhoeffer negli anni Quaranta del Novecento rappresentano un cambiamento rispetto al pacifismo duro e puro? Se vedo bene, la maggior parte della ricerca bonhoefferiana opta per una risposta negativa: si afferma che la scelta cospirativa del teologo costituisce un’eccezione assoluta e non può essere considerata la base di un’etica aperta all’uso delle armi. Propriamente parlando, in effetti, una teoria del genere non esiste, né Bonhoeffer ha avuto la possibilità di elaborarla. Parte degli interpreti, compreso il sottoscritto, pensa invece che l’esperienza della guerra e della congiura abbia indotto il teologo a formulare le sue tesi in termini nuovi e diversi rispetto agli anni Trenta, documentati nell’abbozzo (perché di questo si tratta) di una teoria della responsabilità, negli scritti che ho menzionato.

Su questa base, l’uso delle parole del teologo da parte del segretario del Pd è illegittimo? Credo sia evidente che parlare della propria azione mentre se ne paga il prezzo è una cosa, citare una frase famosa un’altra. Dopodiché, Letta intende dire che una giusta posizione di principio (non fornire armi a paesi belligeranti) può essere messa in discussione in determinate circostanze, il che corrisponde al senso generale dell’affermazione bonhoefferiana. Naturalmente, il giudizio di merito sul caso specifico (la decisione è giusta o sbagliata?) non dipende dalla valutazione del pensiero di Bonhoeffer, bensì da quella della situazione politica e militare di questi giorni.

Vorrei aggiungere una considerazione più generale. Autori profondi e carichi di fascino come Bonhoeffer vengono spesso citati come auctoritates: chi parla (lo so per esperienza…) è gratificato dal fatto di ritenere di averli dalla propria parte e di poter utilizzare le loro formulazioni, sovente efficacissime. Per quanto riguarda la discussione su pace e guerra, credo che tener conto, nei nostri dibattiti, di riflessioni come quelle dell’Etica bonhoefferiana sia estremamente fecondo: e comunque, sempre a titolo personale, preferisco da lungi queste letture all’ossequio d’ordinanza a proclami piuttosto generali di qualche Grande Capo delle Persone Buone. Detto questo, non si può pensare che sia Bonhoeffer a risolvere i nostri problemi, per due ragioni evidenti: a) Nessuna situazione è uguale a un’altra; b) Non è detto che Bonhoeffer abbia sempre ragione. Un pensatore si onora pensando, diceva qualcuno, il che può anche significare criticando e dissentendo, dopo aver letto con attenzione e passione