rs339597_dsc9982-lpr

Emergenza Ucraina. Oxfam: «Non diminuire aiuti ad altri Paesi»

Le ripercussioni globali della crisi ucraina, che già cominciano a farsi sentire ovunque con il rapido aumento dei prezzi di cibo, materie prime ed energia, potrebbero seriamente minare gli sforzi dell’aiuto internazionale in regioni e paesi del mondo colpiti da gravi emergenze umanitarie.

«Ci preoccupa il fatto che molti governi donatori, invece di prevedere risorse aggiuntive, stiano attingendo ai budget dell’Aiuto pubblico allo sviluppo (APS) per rispondere nei propri territori all’emergenza dei rifugiati ucraini, arrivati già a oltre 3 milioni in questi giorni – ha detto Francesco Petrelli, esperto di finanza per lo sviluppo di Oxfam Italia – Non si può scegliere tra le donne e i bambini ucraini in fuga dalla guerra o quelli della Somalia o dello Yemen che soffrono la fame. Per questo sulla crisi ucraina sono necessarie risorse aggiuntive. L’Italia nei giorni scorsi ha stanziato 110 milioni all’Ucraina attraverso la modalità del sostegno diretto al bilancio del governo ucraino. Si tratta di risorse stanziate per l’APS che chiediamo siano reintegrate».

In Europa vari governi come Spagna, Paesi Bassi e Francia hanno stanziato nuovi fondi per le emergenze prodotte dall’eccezionale massa di profughi che fuggono dall’Ucraina. «Ci auguriamo presto la conferma ufficiale che si tratti di fondi aggiuntivi, rispetto alle linee di bilancio del loro aiuto pubblico per lo sviluppo e le emergenze umanitarie» prosegue Petrelli.

Mentre l’Unione europea – e già questa purtroppo è una certezza – ha più che dimezzato i finanziamenti umanitari a Timor Est, e alcuni donatori hanno avvertito che ridurranno del 70% l’APS per il Burkina Faso, un destino che potrebbe riguardare altri paesi dell’Africa occidentale. 

In queste prime settimane di conflitto «abbiamo assistito a vari tipi di risposta: alcuni paesi stanno utilizzando risorse stanziate per l’aiuto allo sviluppo e le emergenze umanitarie, definendo diverse priorità come i paesi nordici, Danimarca, Norvegia e in parte la Svezia. Altri stanno ridefinendo modalità nell’uso delle risorse come la Gran Bretagna, cofinanziando con 25 milioni di sterline le famiglie inglesi che ospiteranno i profughi ucraini».

Infine paesi come la Germania che, in attesa di ulteriori sviluppi della crisi, non hanno ancora preso decisioni.

Già nel 2015, con la crisi dei profughi del milione di rifugiati siriani, l’Europa aveva risposto utilizzando all’interno del proprio territorio in media l’11% (15,4 miliardi di dollari) delle risorse destinate alla cooperazione internazionale, producendo così il fenomeno della cosiddetta “distorsione dell’aiuto”.

«Dobbiamo evitare questa volta che i paesi donatori spendano dentro i confini nazionali, il loro budget per l’aiuto allo sviluppo – ha aggiunto Petrelli – Basti pensare che al momento l’appello di 6 miliardi delle Nazioni Unite per intervenire in Etiopia, Kenya, Somalia e Sud Sudan, colpiti da gravissima insicurezza alimentare, è finanziato solo al 3%. Yemen, Siria, i paesi dell’Africa orientale e occidentale, i milioni di persone colpiti duramente da cambiamenti climatici e Covid non possono essere abbandonati».

Di fronte ai 3,5 milioni di profughi ucraini l’Ue ha dimostrato di essere coerente con i suoi valori e i suoi principi. È essenziale che lo sia sempre, anche con i rifugiati di tutte le guerre e che agisca in modo coordinato, costituendo un fondo extra budget europeo comune per gestire la crisi attraverso un impegno realmente collettivo.

«Ribadiamo quindi la richiesta al nostro governo che l’Italia, come altri donatori europei stanno facendo, dimostri generosità e lungimiranza e non sottragga risorse già stanziate per la cooperazione o le crisi umanitarie. – conclude Petrelli – In particolare chiediamo che i 110 milioni stanziati al governo ucraino attraverso l’Agenzia della Cooperazione siano reintegrati per le finalità proprie della cooperazione internazionale. Vorremmo che le dichiarazioni fatte dalla Vice Ministra con delega alla cooperazione Sereni, trovino al più presto un riscontro concreto».