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«Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno»

Nel messaggio di quest’anno per il Venerdì Santo, la vicepresidente della Federazione luterana mondiale per la regione dell’Europa centro-occidentale, Astrid Kleist, riflette sul racconto del Vangelo di Luca della crocifissione, quando Gesù viene inchiodato alla croce per morire tra due criminali.

Ricorda le diverse reazioni di quei due uomini condannati a morte con «una delle forme più crudeli di esecuzione nell’Impero Romano». Uno è «pieno di scherno», mentre l’altro è «pieno di stupore» e gli viene promesso un posto in Paradiso da Gesù. «Sia il peccatore che il giusto soffrono la croce», dice Kleist, eppure la morte di Gesù rivela la grazia di un Dio «che è più grande del nostro cuore umano».

Kleist, un membro della Chiesa Evangelica Luterana del Nord della Germania, riflette sul significato della morte di Gesù per coloro che sono stati uccisi, feriti, sradicati e colpiti dagli attacchi della Russia alle città ucraine. Il Venerdì Santo, dice, porta «l’ingiusta uccisione e l’ingiusta morte» davanti a Dio. 

Il criminale pentito, ascoltando le parole di Gesù, riceve il perdono mentre riconoscela propria colpa, dice Kleist. La mattina di Pasqua, conclude, anche noi «saremo sorpresi da come Dio chiama a nuova vita dalle tenebre dell’ombra della morte».

Ecco l’intera riflessione:

Quando giunsero al luogo che è chiamato del Teschio, vi crocifissero Gesù con i criminali, uno alla sua destra e uno alla sua sinistra (Lc 23,33)”.

In queste poche e sobrie parole, l’evangelista Luca descrive una delle forme più crudeli di esecuzione nell’Impero Romano, che veniva usata come deterrente per criminali e ribelli. Morire in pubblico, tormentato davanti a tutti – il simbolo del potere in un mondo in lotta.

Per coloro che venivano messi in croce non c’era modo di tornare indietro. Erano inchiodati lì fino alla fine – fissati su ciò che avevano detto e fatto. E Gesù? Era un crimine giustiziarlo senza colpa. Aveva vissuto con profonda fiducia e fede in Dio.

Gesù sulla croce senza colpa, con due criminali ai lati. Uno pieno di scherno: “Se sei il Cristo salva te stesso e noi». L’altro pieno di stupore: «Quest’uomo non ha fatto nulla di male. Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno» (Lc 23,41-42).

La logica del patteggiamento, del “pan per focaccia”, un’immagine di Dio ricavata dalla giustizia umana basata sui fatti, non ha senso quando il giusto subisce la punizione accanto ai criminali.

A colui che sta accanto a Gesù viene da pensare: «Noi abbiamo quello che ci meritiamo per le nostre azioni, ma quest’uomo non ha fatto niente di male». L’illusione che la giustizia umana ricompensi i buoni e punisca i malvagi è obsoleta. «In verità ti dico» dice Gesù al criminale accanto a lui, «oggi sarai con me in paradiso». Sia i peccatori che i giusti soffrono la croce. Eppure la morte di Gesù tra i due criminali rivela la grazia di Dio. Diventa visibile un Dio che è più grande del nostro cuore umano.

Leggo nelle notizie: Singhiozzando, Sergei bacia il volto insanguinato di suo fratello morto. Un missile russo ha colpito la caserma di Igor vicino a Mikolaiv. Lui e decine di suoi compagni sono stati uccisi. Igor si è offerto volontario, per proteggere il suo paese. Non è passato nemmeno un mese. Galina, la sua fidanzata, è con i suoi genitori russi in Moldavia. Solo Sergei è lì a seppellire suo fratello. Con una pala, nella caserma, sul bordo del campo sportivo. Sente il fragore degli spari. È la loro parte o il nemico? Gli spari portano la stessa distruzione, portano la morte. Il vicino quartiere di Kul- bakino, dove Sergei vive, è quasi deserto. Dove la gente viveva insieme solo un mese fa, parlando russo e ucraino tra di loro, non c’è più acqua nelle tubature, non c’è riscaldamento. Tutti quelli che hanno potuto sono fuggiti al sicuro.

Il Venerdì Santo porta il torto davanti a Dio, l’uccisione ingiusta e la morte ingiusta. La sofferenza di Gesù e la sofferenza degli uomini diventano una cosa sola. Storie di passione ovunque, e in mezzo a loro il Dio della misericordia.

Gesù non grida: «Dammi giustizia!». Dice invece: «Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno».

Queste parole aprono gli occhi di uno dei criminali crocifissi con lui. Nello specchio del perdono osa guardare nel proprio abisso e riconosce la propria colpa.

Anche le persone non vicine a Gesù si sono avvicinate alla sua sofferenza e «stavano a guardare». Forse l’hanno conosciuto in modo diverso da coloro che lo conoscevano meglio. Secondo Luca, «tutti i suoi conoscenti … stavano a distanza».

La mattina di Pasqua anche noi staremo lì e guarderemo nei nostri abissi e nelle voragini della nostra epoca. Di nuovo, in modo diverso, saremo sorpresi da come Dio chiama a nuova vita dalle tenebre dell’ombra della morte.