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L’epopea di Agostino Biagi: 70 anni di mondo battista

Una lettera lunga 200 pagine è quella che Mara Carocci scrive al prozio Agostino Biagi, prima missionario francescano poi pastore battista, prima partigiano combattente nelle Sap poi docente di cinese. Nel volume Lettera a uno zio che voleva cambiare il mondo (edizioni Magister) l’autrice usa la tecnica narrativa del colloquio che rende vivo il personaggio e ne ricostruisce la vita tumultuosa da quando nacque nel 1882 fino al 1957 quando trova riposo nel campo evangelico del cimitero di Sampierdarena. Cuore del racconto: l’amore di Biagi per la Cina.

Un amore tanto grande che lo portò a tradurre in lingua cinese l’intera Divina Commedia. Un gioiello racchiuso in sette quaderni corredati da disegni che rappresentano le tre cantiche. Non è mai stata pubblicata, ma, grazie a Mara Carocci, ora è depositata all’Accademia della Crusca a disposizione degli studiosi. Vittorio Coletti nella prefazione e Luca Pisano nella postfazione, docenti all’università di Genova, il primo anche accademico della Crusca, sinologo il secondo, sottolineano la straordinarietà del lavoro di Biagi. Un lavoro, molto probabilmente, iniziato quando fu missionario francescano in Cina dal 1902 al 1909, e proseguito per tutta la vita.

L’autrice non si limita a ricostruire le tappe di una biografia intensa, ma si sofferma sui contesti storici: dalla Cina della xenofobia che – scrive Biagi – è «dovuta quasi totalmente alle gravi vessazioni, soprusi e maltrattamenti inflitti dagli stranieri» alle persecuzioni del regime fascista, dal dibattito sulla “questione sociale” fra i battisti in Italia già a fine Ottocento alla descrizione delle comunità battiste dove fu pastore, come Avellino, Altamura, San Piero a Patti, Montalbano, Genova.

Una settantina d’anni di mondo battista italiano passa attraverso le pagine di Mara Carocci. Biagi, congedato alla fine della Grande Guerra, durante la quale è volontario nella Croce Rossa dove incontra la futura moglie Sofia, dopo 25 anni lasciò la famiglia francescana. Pesò sulla sua decisione il rifiuto da parte dei vertici ecclesiastici di rimandarlo in Cina, come egli chiedeva ripetutamente, ma anche, se non soprattutto, la predicazione evangelica battista. Decisivi gli incontri con Dexter Whittinghill, missionario della Southern Baptist Convention, con Lodovico Paschetto, entrambi suoi sostenitori nelle controversie con l’Opera battista, numerose sull’assegno mensile piuttosto che sulle sedi pastorali cui veniva destinato. Allontanato dal padre e dalla sua chiesa d’origine come apostata, Biagi trovò nel battismo quella coniugazione tra Vangelo e partecipazione alla vita sociale e politica, che stava nelle sue corde.

Il supervisore del suo tirocinio in Sicilia, il pastore Melodia era socialista, sul Testimonio Ludovico Paschetto non aveva mai nascosto le sue simpatie per il movimento operaio e contadino, a Matera il pastore Loperfido, anch’egli socialista, aveva diretto una cooperativa che era allo stesso tempo chiesa evangelica, a Gioia del Colle il pastore Liutprando Saccomani nel giugno 1919 era intervenuto ai funerali di sei contadini uccisi durante un tentativo di occupazione delle terre. Processato dal regime fascista, sorvegliato come sovversivo, per anni gli viene impedito l’esercizio del ministero pastorale. Problemi di salute, difficoltà economiche, non gli impedirono una fertile attività intellettuale. Tra le sue opere un dramma in tre atti, Buddha e Cristo, una biografia scritta in cinese, il saggio Cina e Italia, poesie, traduzioni, dispense grammaticali. «Avresti dovuto fare il professore, l’intellettuale», osserva la pronipote, ma quella «della fede e della solidarietà nella fede è stata la tua scelta prima di carattere e di cuore non meno che di religione e cultura politica».

* M. Carocci, Lettera a uno zio che voleva cambiare il mondo, ed Magister, 2022, pp. 264, euro 18,00.