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Hiv/Aids. Pandemia da non sottovalutare

Ogni giorno, ricorda L’Unicef, muoiono 301 bambini e adolescenti (tra gli 0 e i 19 anni) per cause legate all’Aids e si verificano 850 nuovi contagi nella stessa fascia d’età (nel 2021 i bambini morti sono stati circa 110.000). 

«Nonostante rappresentino solo il 7% di tutte le persone che convivono con l’Hiv, i bambini e gli adolescenti rappresentano il 17% – ovvero 110.000 – di tutte le morti legate all’Aids e il 21% – ovvero 310.000 – dei nuovi contagi da Hiv nel 2021. Le ragazze hanno un tasso di nuovi contagi da Hiv tre volte superiore rispetto ai loro coetanei maschi. A livello globale, circa tre quarti (77%) dei nuovi contagi tra gli adolescenti avvengono tra le ragazze». 

I dati del Rapporto «Addressing inequities in the global response. Children, adolescents and Aids in 2022», sono dunque un monito che giunge inesorabile proprio in occasione della Giornata Mondiale contro l’Aids, che ricorre proprio oggi 1° dicembre.

«La maggior parte dei decessi per Aids, tra i bambini – ricorda l’Unicef -, si verifica nell’Africa orientale e meridionale (47% del totale) e nell’Africa occidentale e centrale (39% del totale). Nell’Africa subsahariana, l’Hiv rimane – dunque – una delle principali cause di morte tra gli adolescenti, soprattutto a causa del ritardo nell’identificazione del contagio, e nel trattamento, degli adolescenti. Secondo le stime globali del 2021, solo 878.000 degli 1,68 milioni di bambini sotto i 15 anni, con Hiv in tutto il mondo, hanno ricevuto terapie antiretrovirali, il che significa una copertura del 52%. Inoltre, solo il 59% dei bambini (di età compresa tra 0 e 14 anni) che convivono con l’Hiv conosce il proprio stato, e, tra quelli in terapia, uno su cinque non è viralmente soppresso».

Dati che evidenziano quanto i bambini siano la parte più vulnerabile di questa pandemia, endemica.

Per gli adulti la situazione è migliore: «l’86% degli adulti che convivono con l’Hiv conosce il proprio stato di salute, il 76% è in trattamento con terapie antiretrovirali e, tra quelli in trattamento per il 92% dei casi il virus viene soppresso».

L’Unicef ricorda ancora che, per quanto drammatici possano essere, questi dati «rappresentano un progresso rispetto alla situazione del 2010, quando si stimavano 320.000 nuovi contagi fra i bambini di età compresa tra 0 e 14 anni e 240.000, decessi per cause correlate all’Hiv in questa fascia di età».

Dal 27 al 29 novembre, a pochi giorni dalla Giornata mondiale contro l’Aids, i rappresentanti di 14 chiese e di organizzazioni ecclesiastiche di 10 paesi dell’Europa occidentale, centrale e orientale, si sono riuniti a Minsk, in Bielorussia, per una consultazione sul tema «Il ministero di guarigione». 

La consultazione è stata organizzata dal Consiglio ecumenico delle chiese (Cec) e dalla Conferenza delle chiese europee(Kek). 

Focus: la rapida diffusione dell’Hiv/Aids nell’Europa centrale e orientale e il ruolo che le chiese possono svolgere nella lotta contro questa malattia. Sono state discusse diverse forme di prevenzione, educazione e guarigione.

I rappresentanti dell’Unadis (il programma delle Nazioni Unite sull’Hiv/Aids) hanno ricordato che la diffusione della malattia nell’Europa centrale e orientale è di gran lunga la più alta al mondo: un’epidemia senza fine se non si farà tutto il possibile per prevenirla. 

La diffusione esponenziale pone le sue le sue radici nella povertà aumentata a dismisura negli ultimi 10 anni di trasformazione economica e politica. 

La mancanza di prospettive per il futuro porta molte persone all’alcolismo e ad altri comportamenti disperati. I giovani sono sempre più spesso lasciati soli. La mancata informazione e i rapporti sessuali non protetti, portano al rapido aumento dell’infezione.

Molte chiese in Europa hanno espresso la loro preoccupazione e il loro impegno per combattere questa deriva culturale, sociale e sanitaria.