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Lo sguardo dell’altro… Altro?

Questa idea dello sguardo “esterno”, dello “sguardo dell’altro” mi crea un piccolo disagio, un fastidio, una sensazione strana che non mi ha lasciata in queste due settimane. Non sono pensieri compiuti, ma il retrogusto è «Altro? Diverso? Diverso da chi? Lontano da dove?».

Dipende probabilmente un poco dalla mia personale simpatia per quella minuscola parte del mondo protestante che ho imparato a conoscere, una simpatia che mi rende difficile considerarmene “separata”, quasi che l’affetto e l’amicizia mi impediscano quello sguardo critico e forse polemico che sarebbe sano e probabilmente più utile e interessante di queste mie parole. Parole che scrivo però a cuore aperto, anche perché non posso e non voglio rappresentare l’ebraismo italiano. Posso essere una voce ebraica, sì, purché sia chiaro che è la mia… anche per la solita faccenda trita e ritrita: dove ci sono due ebrei ci sono almeno tre punti di vista differenti. (*)

Poi forse anche conta un ricordo di quando ero bimba: in tutti gli anni delle elementari il mio non fare lezione di religione non è stato solitario, e mi ha regalato un’amica. Protestante, Maria come me era «esentata dalle ore di religione». Di quei primi anni in cui sono stata ufficialmente “diversa” non ho ricordi specifici, non mi pare facessimo attività alternative, anche se sicuramente non eravamo abbandonate a noi stesse. C’era però sicuramente un curioso senso di complicità fra noi, piccolo, leggero e per nulla consapevole di come quell’essere “diverse” fosse solo il primo assaggio di una alterità che ci avrebbe accompagnate per tutta la vita. 

Più avanti, altro ricordo personale, il mio non fare lezione di religione è stato parte di un balletto che si è ripetuto tutti gli anni fra i vari dirigenti scolastici e la mia famiglia. Da un lato la scuola, che voleva io portassi una domanda di esonero. Dall’altro l’indignazione con cui a casa mi veniva spiegato che no, non avrebbero scritto proprio nessuna domanda, bensì una lettera in cui si dichiarava che non avrei seguito le lezioni di religione. «Perché è un tuo diritto, non devi chiedere di essere esonerata!». 

Rompiscatole per natura, gli ebrei, si sa. 

Attenzione, però, perché questo lo posso scrivere io, ovviamente, mentre se lo dicono “gli altri” scoccia. Almeno formalmente, perché un poco di compiacimento, a essere onesti, c’è. Ma anche questa deve essere una natura comune, visto che voi, con un participio presente che mi affascina e incuriosisce, vi definite ancora “protestanti”. Alcuni secoli dopo aver protestato, in effetti, ancora siete qui a protestare… 

PS: Persa di vista per molti anni, Maria è ricomparsa nella mia vita quando ha iscritto suo figlio alla stessa scuola dove vanno i miei, ossia alla scuola ebraica di Torino. Già, perché la scuola ebraica di Torino, privata, paritaria, e aperta ai non ebrei, ha avuto numerosi allievi protestanti. Valdesi, principalmente, ma non solo. La vicinanza fra le due comunità, a Torino, è anche geografica, ma non si tratta solo di quello. Una sensibilità comune, una comune attenzione agli altri, un condiviso interesse per i diritti di tutti avvicinano due minoranze che a Torino si guardano, si osservano, si studiano. Con una sana e affettuosa diffidenza, e molta stima, spero reciproca.
(*) Si dice anche che dove ci sono quattro ebrei ci sono sette idee politiche diverse. E mi chiederete: «Perché sette e non otto?». E vi risponderò «C’è sempre un ebreo cretino che ha un’idea politica sola». 
Foto: “Scuola media Basilio Sisti (Rieti) – entrata” by Alessandro AntonelliOwn work. Licensed under Public domain via Wikimedia Commons.