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Dalla Fgei all’impegno per l’Africa

Lo European Network for Central Africa (EurAC) è una rete di 40 organizzazioni europee che lavorano in cooperazione con le Organizzazioni non governative (Ong) dell’Africa Centrale, area che comprende il Ruanda, il Burundi e la Repubblica democratica del Congo. Dal 2007 segretaria esecutiva del Network, che ha sede a Bruxelles, è la valdese Donatella Rostagno. A lei abbiamo rivolto alcune domande.

Quali sono gli obiettivi di EurAC?

La Rete europea per l’Africa Centrale (EurAC) ha il compito di coordinare l’attività e l’analisi politiche a livello europeo, e di svolgere il lavoro di pressione politica (advocacy e lobby) sull’Unione Europea e sugli stati membri per quanto riguarda lo sviluppo delle politiche dell’UE nei confronti di tre paesi dell’area interessata. L’ufficio che dirigo a Bruxelles, dunque, è impegnato in un lavoro esclusivamente politico, mentre le organizzazioni facenti parte del Network oltre a sostenere progetti con la società civile, svolgono anche attività politica a livello nazionale.

Ci sono chiese coinvolte in Eurac?

Questa rete europea è nata alcuni anni fa dalla fusione di tre network precedenti, che storicamente lavoravano nella regione dell’Africa Centrale: uno laico, uno formato da organizzazioni vicine alla chiesa cattolica, ed un terzo comprendente organizzazioni vicine alle chiese protestanti. Dunque la realtà di Eurac è laica, cattolica e protestante. Tra le organizzazioni più conosciute al pubblico protestante italiano vi sono: la Norwegian Church Aid, Christian Aid, Diakonia, Dan Church Aid. all’Italia poi abbiamo due membri “Rete pace per il Congo” e la Onlus “Maendeleo-Italia“.

I tre paesi africani monitorati da EurAC sono interessati da conflitti e instabilità politica. In questi contesti spesso a pagare il prezzo più alto sono le donne, vittime di violenza. Le Ong di Eurac rivolgono progetti specifici a favore delle donne?

Sì, quasi tutte le Organizzazioni se ne occupano: alcune privilegiano l’aspetto medico-sanitario, altre invece si occupano più di democratizzazione, nel senso che favoriscono la partecipazione di donne nelle questioni politiche, come ad esempio le elezioni. Per quel che compete l’ufficio che dirigo, la questione delle donne viene affrontata su due livelli: uno è quello della partecipazione politica, cioè seguiamo i processi elettorali di questi paesi analizzando la partecipazione delle donne non solo in quanto elettrici ma anche in quanto potenziali candidate. L’altro livello riguarda la riforma del settore della sicurezza, inteso come esercito, polizia e giustizia, in quanto purtroppo polizia ed esercito sono tra gli attori principali delle violenze contro le donne. Ciò che fortemente mi colpisce è che le donne che incontriamo sono portatrici di una forza incredibile: pur essendo state violentate infatti da gruppi di sette, dieci, quindici soldati o uomini armati, continuano a vivere, a sorridere e a prendersi cura dei bambini e delle loro famiglie.

Poter incontrare in loco le persone coinvolte nei progetti è un aspetto interessante del suo lavoro…

Sì ovviamente, e dirò di più: dando molta importanza alla visita nei territori del Ruanda, del Burundi e della Repubblica democratica del Congo, e al dialogo e all’incontro con le popolazioni e le Ong locali, veniamo ascoltati dalle istituzioni e dai governi rappresentati a Bruxelles con maggiore attenzione di coloro che invece svolgono lo stesso lavoro senza poter viaggiare e dire “son tornata ieri da una missione in Congo e con i miei occhi ho visto…”.

Quali sono le motivazioni che stanno alla base del suo impegno per i diritti umani?

Sono convinta che vadano ricercate nel mio essere valdese, cresciuta nel mondo valdese e in particolare nella Federazione giovanile evangelica in Italia (Fgei), di cui ho fatto parte tanti anni e dove con passione si discuteva delle questioni di giustizia sociale e dei diritti negli incontri locali e nazionali. Ho rappresentato la Fgei nel Movimento mondiale degli studenti cristiani (MCS), dove sono stata eletta nel Comitato europeo e poi mondiale come responsabile dell’area diritti umani, questioni sociali ed uguaglianza. Da lì desiderare di fare di quell’impegno la mia professione il passo è stato breve.