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Lo spettro di Lutero sul Vaticano

Nessuno lo ha citato, eppure la sua ombra era là. Il suo nome non è comparso in nessun documento, ma il suo spettro si è aggirato sul Sinodo dei vescovi cattolici dedicato alla famiglia. E’ lo spettro di Martin Lutero. Sì, perché è sul fantasma del riformatore di Wittenberg che, alla fin fine, si rischia di farsi la guerra, all’interno di questa importante assise episcopale che si svolge in Vaticano.

Non perché Lutero, ovviamente, abbia stabilito particolari ricette infallibili sul tema della famiglia e della sua crisi contemporanea. Piuttosto, perché il metodo innovativo voluto da papa Francesco – che ha scardinato la stanche liturgie sinodali cui il cattolicesimo mondiale si era ormai abituato – “puzza” tremendamente, alle rigide narici dei più conservatori, di protestantesimo. Discussioni aperte e franche, nessuna intimidazione dall’alto, attenzione al vissuto delle persone e ai “valori” della modernità, al posto della secca e preventiva condanna di ogni novità sociale e civile: tutto questo sta spaventando terribilmente i settori più dogmatici della gerarchia cattolica. E al Sinodo lo si è visto: di fronte a qualunque accenno di apertura nei confronti delle situazioni “irregolari” (divorziati risposati, convivenze, coppie omosessuali) si è assistito a una irritata e brusca levata di scudi da parte di coloro che si ritengono i paladini della ortodossia “senza se e senza ma”. Qualcuno, come mons. Stanisław Gądecki, presidente dell’episcopato polacco, ha perfino criticato la relazione di sintesi preparata dal cardinale ungherese Peter Erdo (non certo un pericoloso “liberal”) accusando il porporato di essersi lasciato influenzare “dall’ideologia anti-matrimoniale”.

I nostalgici della condanna facile contro tutti gli “ismi” (laicismo, consumismo, secolarismo, su su fino a comunismo) sono terrorizzati dal terremoto che sta provocando il “metodo Francesco”. E reagiscono con violenza di fronte a ciò che identificano come un cedimento alla mentalità moderna. Cioè, in ultima analisi, protestante.

Sì, perché bisogna riconoscerlo: nei settori più conservatori del cattolicesimo postconciliare, l’aggettivo “protestante” è stato – ed è ancora – l’equivalente di un insulto. E la riforma luterana, il capro espiatorio di ogni “male” della società moderna.

La discussione interna al Sinodo si è fatta molto accesa. Ma, fino a che sul trono di Pietro resterà Jorge Mario Bergoglio, il dibattito resterà aperto e il libero confronto un metodo legittimo. Sotto le acque agitate del Sinodo rimane però una questione profonda tuttora irrisolta: fino a che la Chiesa cattolica nel suo complesso non arriverà a fare i conti con serenità e lucidità con l’ombra di Martin Lutero, non potrà essere appieno figlia del suo tempo. E in questo travaglio – non c’è dubbio – le Chiese della Riforma potrebbero molto aiutare la Chiesa cattolica, se solo si riuscisse a trovare un comune atteggiamento di fraternità e condivisione ecumenica.

Foto: “Die Gartenlaube (1883) b 752” di vari – Scansione dal testo originale. Con licenza Public domain tramite Wikimedia Commons.