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Regalo di Natale

Qualche anno fa lavoravo presso il centro di Agape. In un pomeriggio di settembre, con la luce obliqua di inizio autunno, quando ormai la folla estiva è partita, arrivò una grossa auto tedesca nel parcheggio di casa residenti. Due signori sull’ottantina, faticosamente, vennero a chiedermi se potevano visitare il centro. Il mio tedesco funzionava ancora ma capirli era difficile. Mi chiesero prima i nomi di tutti i colli e delle montagne attorno a Prali e dei passaggi verso la val Pellice, poi passai a raccontare un po’ la storia di Agape.

Piano piano, il più giovane dei due riuscì a farmi capire che lui aveva partecipato alla costruzione del centro: mi indicava alcune travi del soffitto del salone perche si ricordava di quando le avevano posizionate. Il più anziano parlava poco e camminava ancora meno. Non riuscimmo a salire in prima casetta per mostrargli il tetto ma in compenso gli feci vistare tutta la parte “nuova” costruita negli anni’80. Arrivavano entrambi dalle parti di Stoccarda e non erano mai più tornati in Italia. Il più giovane voleva che il suo amico, prima di diventare troppo vecchio per viaggiare, vedesse questo posto: «Agape quello che siamo riusciti a fare insieme dopo la guerra. Insieme italiani e tedeschi». Appresi così che il primo aveva combattuto in Italia durante la guerra e poi era tornato un’estate, incoraggiato dalla sua chiesa a costruire Agape. Il più anziano, invece, cominciò a parlarmi in modo confuso di una volta che era passato da Pomaretto.

Era il Natale del 1944, avevano scoperto che anche qui in Italia c’erano dei protestanti e decisero di partecipare al culto. Il pastore li fece entrare ma “Ohne Waffe”, le armi rimasero fuori. Entrarono, ascoltarono gli inni simili ai loro, il sermone, e parteciparono alla santa cena. Avevo di fronte l’altro lato della stessa storia sentita anni prima dall’avvocato Serafino. Glielo dissi, gli dissi che lui non lo aveva riconosciuto ma tra i presenti a quella santa cena c’era uno dei partigiani a cui avevano ammazzato il fratello poco tempo prima di quel natale. Mi disse che lo sapeva, ma che era natale e loro erano quattro e non potevano arrestare uno in chiesa e poi le armi erano fuori… Rimasi in silenzio a chiedermi se fosse vero.

Tornammo verso il campanile e poi offrii loro un caffè nel saloncino della casa residenti. Gli regalai il libro di Vinay in tedesco e lui, quasi a indovinare le mie domande e non prima di avermi fatto scrivere il mio nome sulla sua agenda, finalmente si presentò: «sono stato nelle SS prima della guerra, poi in Russia nel ’42-’43, poi in Francia e alla fine nel ’44, siccome sapevo un poco di italiano e di francese, mi hanno mandato come comandante del posto a Bobbio Pellice, non ero mai più tornato in Italia e il mio amico mi ha voluto portare qui prima di morire. Ho una grave malattia, non arriverò alla prossima estate, ma ora sono contento perché ho sentito l’altra storia del natale a Pomaretto». Vidi la scena da lontano, come in un film in cui si è una comparsa; vidi lui che mi contava in mano cinque biglietti da cento euro dicendomi: “deve costare molto il riscaldamento qui, aufwiedersehen”.