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Non princìpi astratti ma l’inizio del legame fra Dio e le sue creature

In appendice al grande successo riportato da Roberto Benigni con la sua originale lettura dei «Dieci Comandamenti», succede un fatto strano. Il testo e i contenuti vengono apprezzati dal pubblico e dalla critica, fatti salvi i pochi che si sentono in dovere di mostrarsi «anticonformisti», rendendosi così, per via contraria, più conformisti dei conformisti. Il teologo valdese Paolo Ricca ha parlato giustamente della performance del comico toscano come di un «evangelo», dell’annuncio gioioso di un messaggio di grazia, non certo dell’erudita spiegazione di un codice normativo.

L’interesse per i Dieci comandamenti, a livello culturale e della pubblicistica non è inedito: sono di pochi anni fa alcune iniziative editoriali di una certa rilevanza, come l’uscita di una serie di volumi a due voci (sempre due autori, uno di formazione e impegno strettamente biblico-teologico e l’altro coinvolto in altre professionalità: scrittori, filosofi, etc.). Una rivista letteraria, Panta (ed. Bompiani), aveva dedicato nel 2010 un numero specialissimo e corposissimo (quasi 700 pagine) proprio al Decalogo.

Ma ora stupisce che la pubblicità di una casa editrice nota per la serietà delle sue pubblicazioni, reclamizzando i propri libri su un altrettanto noto quotidiano, definisca i comandamenti come dei «principi validi in ogni luogo e in ogni tempo».Definire i comandamenti in questo modo significa certo renderli «appetibili», e non si può rimproverare di ciò né la casa editrice né gli artefici dello slogan pubblicitario. Ma i Comandamenti non sono questo – e d’altra parte i libri stessi, sottraendosi addirittura all’idea pubblicitaria che li reclamizza, ne sono ben consapevoli, come ne è stato consapevole Benigni.

I Comandamenti non sono dei principi; men che meno dei principi buoni «per tutte le stagioni». Non sono il «buon senso comune» (quest’ultimo in realtà non esiste, quello che viene spacciato come tale è solo il senso comune di una maggioranza, che si arroga il diritto di parlare anche a nome delle eventuali minoranze); non sono una ricetta per vivere meglio tutti quanti; non sono materia da stamparsi sulle carte dei cioccolatini, per intenderci. Sono il segno di un rapporto d’amore avviato da Dio nei confronti del suo popolo; sono un gesto che richiede una risposta (l’accettazione di un patto); sono il segnale che d’ora in poi delle genti disperse e costrette all’esilio potranno ricompattarsi e fare rientro nella propria terra, ma soprattutto quelle genti potranno costituirsi come popolo, maturando una vocazione e un’identità costruita su quella vocazione. Che è ben precisa e ben determinata. Riconosciuta come fondamentale da Gesù stesso, questa alleanza troverà un valore diverso e ancor più innovativo nei comandamenti «riassuntivi» che vincolano a un giusto rapporto con Dio e con il nostro prossimo.

Non stupisce che in un’epoca di totale afasia politica, i nostri contemporanei cerchino parole chiare e semplici a cui attenersi: nei casi peggiori trovano dei capi-popolo che fanno demagogia, vere e proprie parole d’ordine che richiedono fedeltà totale a colui che le abbia pronunciate; in molti casi, meno gravi, i nostri contemporanei trovano concetti impalpabili a cui attenersi meccanicamente (da governabilità a spending review…); e anche nel campo etico forse servono indicazioni chiare e non contraddittorie, possibilmente non troppo tecnicistiche. Ma le tavole della Legge che Mosè ha ricevuto non sono un tabulato fatto di percentuali e tendenze. Sono espressione dell’assoluta volontà di Dio, che non ha letto le cifre dell’Auditel prima di scrivere i Comandamenti, dubitando che fossero gradite al suo popolo. Il Decalogo è un appello a vivere nella prospettiva di un Dio che chiama a libertà e questa chiamata è impegnativa: costa, non è offerta a buon mercato. Proprio perché radicatasi in un popolo preciso in un momento preciso, e poi rinnovatasi nell’incarnazione e nella croce e resurrezione, questa chiamata continua a trovare dei testimoni. I buoni principi chiedono solo di essere messi in pratica. I Comandamenti cambiano le persone.

Foto: “Roberto Benigni in TuttoDante a Padova” di SilviapittOpera propria. Con licenza GFDL tramite Wikimedia Commons.