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L’amore di Dio è trasgressivo

Continuano le conversazioni radiofoniche con la pastora e teologa Daniela Di Carlo su Rbe per interrogarci su come la riflessione teologica sul gender possa aiutare un pensiero etico-pedagogico: come pensare a una pedagogia queer capace di educare al genere senza ingabbiare? Ma prima ancora, che cosa è esattamente il genere? Che cosa dicono le teorie post-gender e cosa sostengono i detrattori reazionari quando parlano di ideologie del gender? 

E’ possibile pensare a valori che ci orientano nel mondo, che ci guidano verso la giustizia, verso il rispetto per i generi diversi e che non pretendano alcuna validità universale? Che significato pedagogico possono avere queste domande? Mettere in discussione l’universalità dei due generi significa dover rinunziare al linguaggio inclusivo? Significa dimenticare che il linguaggio e la società sono ancora sessisti? Quali sono le sfide dell’educare al genere oggi senza predefinire modelli forgiati su stereotipi e senza cadere in contro-stereotipi? In parte ci può aiutare l’idea che il genere non è così fondativo, mentre ciò che è fondativo potrebbe essere l’incontro. I corpi alle volte hanno imprigionato le persone, perché corpo e percezione di genere differiscono. Ma possiamo allontanarci dal femminismo classico e dal pensiero della differenza che partivano dalla constatazione che si viene al mondo diversi, maschi e femmine? Possiamo davvero pensare che la diversità di genere non sia più la diversità generativa e la chiave capace di spiegare tutte le altre differenze?

La teologia queer parte dalla costatazione cristiana che ogni creatura nella sua manifestazione è accolta da Dio, ogni creatura appartiene alla creatività di Dio ed è amata da Dio; la religione ha sempre predicato l’amore universale ma l’insurrezione dell’abbietta della “teologia indecente” mette tuttavia in risalto come l’evangelo in questo senso abbia perso il suo ruolo scandaloso trasformandosi in tranquillizzante e arrivando molto spesso a forme di condanna dei comportamenti sessuali ritenuti devianti. Emerge quindi un Dio diverso, che Claudio Canal descrive così nella sua recensione sul Manifesto del 11/12/2014: «Un Dio fluido e instabile, clandestino, indocile, un estraneo che sta davanti alla porta del nostro attuale ordine amoroso ed economico. Un Dio che fa coming out della sua marginalità e della sua onni-sessualità che oltrepassa qualsiasi dogmatica dell’eterosessualità. (…) un Dio sfrenato e poliamoroso, il cui sé si compone in relazione ai suoi abbracci multipli e alla sua mancanza di definizione sessuale. Dio è un mescolamento di generi. Un Dio che non disdegna gli eccessi, pieno di desideri trasgressivi a causa del suo amore per gli esseri umani».

La teologia queer si caratterizza come una teologia della liberazione, nel senso di una teologia contestuale. Tale vicinanza deriva dalla prassi, dalla metodologia utilizzata e dalla visione comune della teologia come strumento per liberare dall’oppressione, in questo caso perpetrata a danno di gay, lesbiche, bisessuali, transgender.

Le interviste radiofoniche con Daniela Di Carlo proseguiranno a febbraio parlando di pensiero della differenza, teologia e pedagogia di fronte a conflitto e autorità, abbozzando delle risposte e aprendo altre domande.

Foto “A butterfly feeding on the tears of a turtle in Ecuador” di amalavida.tv from Ecuador – MRBR 15470. Con licenza CC BY-SA 2.0 tramite Wikimedia Commons.