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«La notte prima dell’onda»

Questo nuovo ciclo di incontri della chiesa valdese di Genova, dopo quelli su Giobbe e su Qohelet organizzati nel corso del 2014, nasce precisamente da tali esperienze, sulla scia degli interrogativi sollevati dai partecipanti stessi sulla necessità di ascolto e confronto non solo teologico ma anche psicologico.

Il titolo del ciclo (che dopo il primo appuntamento del 9 marzo ne prevede altri due il 16 e 23, sempre alle 17.30 in v. Assarotti 21) riprende l’incipit del best seller di Emmanuel Carrère, Vite che non sono la mia (D’autres vie que la mienne), in cui il narratore/autore, in vacanza nello Sri Lanka, scampa allo tsunami che il 26 dicembre 2006 travolge centinaia di vite sotto i suoi occhi. Due bambine che ha visto giocare sulla spiaggia fino a pochi minuti prima vengono spazzate via dall’onda che distrugge la tranquilla quotidianità e le vite dei loro genitori, ponendo anche il protagonista di fronte a una serie di angosciose domande.

Analogamente, i partecipanti agli incontri cercheranno di riflettere su alcuni interrogativi sul tema del lutto e del dolore a esso legato, come spiega il pastore Italo Pons, ideatore dell’iniziativa. «È possibile condividere il dolore? Attribuirgli un senso? Come restare presenti al mondo quando la vita, malgrado tutto, va avanti? Chi si interessa della nostra scomparsa? Che cosa chiamiamo in causa quando siamo feriti? Perché nominare questi stati d’animo quando invece il tentativo è di rifugiarci dentro di noi? Possiamo vivere l’eterno rinvio del congedo rispetto alla presa d’atto della realtà che si frappone tra noi e gli altri che non ci sono più?».

Con l’aiuto dello psicologo Angelo Gualco, ci si metterà all’ascolto gli uni degli altri partendo da immagini e testi letterari capaci di tradurre gli stati d’animo di chi attraversa i deserti della sofferenza, del lutto, del congedo.

Partendo dalle proprie esperienze sul lutto o sulla presa d’atto del congedo di qualcuno che li ha lasciati, i partecipanti cercheranno di capire in che modo i riti e le relazioni di aiuto nelle loro diverse forme aiutano ad accompagnare e sostenere chi resta; sarà un tentativo, anche se parziale, di fare ordine, attraverso il racconto, in questo vissuto che assume un’infinita lacerazione interiore troppe volte difficile da nominare.

Foto “Emmanuel Carrère” di Raphael labbéOpera propria. Con licenza CC BY-SA 3.0 tramite Wikimedia Commons.