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Selma

«La libertà non è mai definitivamente conquistata. Ogni generazione deve guadagnarsela e ottenerla di nuovo». La citazione è di Coretta Scott, la moglie di Martin Luther King, ed è stata ripresa dalla figlia Bernice in un recente articolo scritto per ricordare quel 7 marzo di 50 anni fa quando un popolo di diseredati marciò a Selma, fermati dalla furia razzista della polizia. Tutto questo per reclamare il diritto al voto per i neri d’America. L’occasione del recente film che si intitola appunto Selma, la strada per la libertà, ma anche le commemorazioni a cui ha partecipato, insieme ai testimoni di quella campagna, anche Barack Obama, ha offerto spunti per riflettere sul razzismo allora e oggi, negli Stati Uniti e non solo.

Le parole di Coretta ci hanno riportato alla memoria il tributo di sacrificio personale pagato da molte donne, giovani e anziane, che lottarono nel movimento per i diritti civili. Fra tutte ricordo Viola Liuzzo, una giovane attivista trucidata a 39 anni, da quattro membri del Ku Klux Klan, tra cui un informatore dell’Fbi, pochi giorni dopo aver partecipato alla marcia di Selma. Ogni generazione deve guadagnarsi la propria libertà. La libertà non è mai data una volta per sempre. Questo è il monito di Coretta Scott che vorrei attualizzare in due aspetti:

Il primo riguarda la scelta della strategia nonviolenta di quella campagna e del movimento guidato dal pastore battista. E, ancora con le parole di Coretta, desidero ricordare che la nonviolenza fu ed è, cito, «una disciplina spirituale che richiede molta forza, crescita ed espiazione dell’individuo, perché uno possa superare quasi ogni ostacolo per il bene di tutti, dimentico perfino della propria incolumità». È necessario lavorare costantemente nelle famiglie, nelle chiese, nelle scuole, nei sindacati, e nelle organizzazioni politiche per far diventare questa filosofia patrimonio, il più possibile, di tutti. Solo in questo modo, infatti riusciremo a far diventare la nonviolenza un «potere convincente», come diceva King, capace di costringere capi di Stato recalcitranti e popoli in conflitto a sedersi al tavolo delle trattative.

Il secondo motivo riguarda da vicino il nostro Paese. Anche da noi affermare il diritto al voto e la democrazia è costato sacrificio e sangue di tante vite. Non lasciamo che la delusione e l’amarezza per la dilagante corruzione politica, faccia continuare a crescere il numero di quelli che disertano le urne perché hanno smesso di credere nella democrazia. Alle ultime elezioni europee l’astensionismo ha superato il 40%. Oltre il confine della nonviolenza e della partecipazione democratica si agitano infatti, sempre gli stessi spettri, di svolte autoritarie e sanguinarie.

La libertà ha bisogno di essere da ogni generazione nuovamente conquistata e questo oltre a essere un compito politico, è una missione spirituale per chiunque si richiami alla fede in Gesù di Nazaret, Principe della pace.

Foto: Simpatizzanti della protesta di Selma, marciano a New York, di Stanley Wolfson, Pubblico dominio, via Wikimedia Commons