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Netanyahu getta la maschera

La svolta a destra di un governo di destra. Sembra un paradosso, ma non lo è. E’ il prezzo pagato da Benjamin Netanyahu per formare finalmente un esecutivo sul filo di lana, all’ultimo giorno utile concesso dalla legge israeliana dopo le elezioni dello scorso 17 marzo. La moneta di scambio per ottenere una maggioranza risicata (61 voti del parlamento sui 120 totali) è stata la nomina a ministro della Giustizia di Ayelet Shaked, trentanovenne rappresentante di “Casa ebraica”, il partito legato ai coloni e alle loro rivendicazioni territoriali. Fra i leader di un partito religioso ma laica, Shaked è sposata con un pilota di caccia dell’esercito e le sue posizioni sono oltranziste proprio come quelle di chi l’ha votata. Per cui da lei ci si attende un fermo no alla nascita di uno stato palestinese e una crociata contro le associazioni israeliane che si occupano di diritti umani, a suo avviso fomentate e nutrite dall’estero in chiave anti sionista. Un falco dunque, in un governo già di per sé nato con chiari accenti conservatori e ultraortodossi.

La traballante maggioranza verrà presto messa alla prova soprattutto sui temi caldi delle relazioni con gli Stati Uniti – ai minimi storici vista la notoria incompatibilità fra Barack Obama e Netanyahu – e della questione palestinese – fra le pressioni dell’ultradestra e dei coloni da un lato e quelle di chi spinge per una linea più morbida dall’altro-. E il primo atto del terzo mandato di Netanyahu lascia poco spazio alle illusioni di un percorso di pacificazione: proprio ieri è stata infatti autorizzata la costruzione di 900 abitazioni nella colonia di Ramat Shlomo nel settore palestinese di Gerusalemme Est, area già occupata dai coloni dopo la vittoria militare israeliana del 1967. Una provocazione, già condannata dalla Casa Bianca negli anni scorsi quando aveva preso avvio l’iter burocratico sfociato nel placet dato ieri. Dal portavoce del Dipartimento di Stato Usa Jeff Rathke che ha definito la scelta «spiacevole e preoccupante» arrivano le prime critiche. Israele rischia l’isolamento internazionale per tener insieme troppe pulsioni differenti.

Foto “PikiWiki Israel 7260 Knesset-Room” di צילום: איציק אדרי. Con licenza CC BY 2.5 tramite Wikimedia Commons.