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Giocare d’anticipo: la cura prima di ammalarsi funziona

«La propaganda politica ha un limite invalicabile, la salute delle persone». Con queste parole la ministra della salute Beatrice Lorenzin ha cercato di chiudere la polemica innescata dalle parole del comico e leader del Movimento 5 Stelle, Beppe Grillo, che domenica scorsa, tra le altre cose, aveva accusato il famoso oncologo Umberto Veronesi di suggerire alle donne di fare le mammografie con una frequenza di due anni perché sovvenzionato da un’azienda, la General Electric, che produce gli strumenti per effettuarle. Il problema della sovradiagnosi, in un mondo in cui la paura delle patologie è sicuramente in ascesa, non deve però far chiudere gli occhi sulla prevenzione, un campo di grande ampiezza e importanza che spesso, per motivi che vanno dall’economia alla cultura, non ottiene il giusto spazio.

Il senologo Mauro Drogo, che si occupava di senologia preventiva presso l’ospedale Valdese di Torino e ora, a due anni circa dalla sua chiusura, svolge lo stesso lavoro al Cottolengo di Torino, racconta che «esistono pochi progetti di prevenzione riconosciuti e ufficiali». Tra questi il programma Prevenzione Serena, che quest’anno compie vent’anni, rappresenta una delle realtà più solide e di successo. «I risultati ci sono – afferma ancora Drogo – la diminuzione della mortalità è un dato significativo». Non tutta la prevenzione passa attraverso la mammografia, ma secondo i medici rappresenta un compromesso accettabile per via del rapporto tra l’affidabilità dei risultati, comunque elevata, e i costi, piuttosto contenuti. Come recitano le comunicazioni ufficiali della Regione Piemonte nel campo della prevenzione, «effettuare la mammografia non equivale ad un controllo mammario completo, […] si individuano lesioni tumorali maligne radiologicamente evidenti e non vengono considerate patologie mammarie apparentemente benigne». È proprio qui che torna centrale il lavoro dei medici, che nel caso di risultati dubbi possono procedere con visite complete ed eventualmente con nuovi esami diagnostici, come le ecografie. Proprio questo era il lavoro quotidiano all’ospedale Valdese di Torino, il secondo in tutta la regione per numero di operazioni e di casi trattati. «Pur facendo tutti esami completi, che comprendono mammografia e visita a tutte le pazienti e poi l’ecografia in caso di ulteriori dubbi – racconta ancora Mauro Drogo – servivamo un numero di persone superiore anche ad alcuni centri di Prevenzione Serena». A distanza di circa due anni dalla chiusura del Valdese il sistema sanitario torinese sta lentamente assorbendo l’impatto cercando di recuperare le pazienti, tanto nel pubblico quanto nel privato, ma i problemi non mancano, visto che le liste d’attesa sia per una mammografia sia per un intervento sono aumentate e i tempi si sono dilatati, portando anche a parziali fughe verso le altre regioni, Lombardia e Liguria in testa, con conseguenti aumenti di costi e disagi.

«Probabilmente – conclude Drogo – si sarebbe potuto tagliare altro, e le pazienti che a migliaia si sono lamentate penso mi diano ragione». Per fortuna, però, non esistono soltanto tagli e chiusure: secondo un recente studio commissionato dalla Regione Piemonte, infatti, le pazienti delle nuove generazioni sono più disponibili a fare prevenzione, sono più interessate, forse grazie anche a un maggior livello di scolarizzazione, per cui si registra una netta crescita in termini di consapevolezza, anche sull’utilità della prevenzione. Proprio per questo, per il 2015 saranno disponibili 18 milioni di euro per il piano Prevenzione Serena, che nelle intenzioni dell’assessore alla sanità Antonio Saitta dovrà abbassare l’età degli screening mammografici per coinvolgere un maggior numero di donne. «Troviamo tumori in donne più giovani di una volta – afferma il senologo Mauro Drogo –, non magari perché compaiono prima, ma perché facciamo controlli più precocemente. […] Una volta una paziente su due non pensava neanche che servisse e non andava a fare nulla. Adesso tutte le donne giovani vogliono fare i controlli e questo fa salire l’attesa, e far salire l’attesa impone fare prevenzione più precoce».

La prevenzione, oltre al valore sanitario, ha importanti conseguenze sociali. Una paziente che ha ricevuto una diagnosi in tempi rapidi, che ha potuto affrontare un intervento senza troppe complicazioni e dopo due mesi è rientrata a lavorare, rappresenta un vantaggio per tutti: per lei, innanzitutto, ma anche per tutte coloro che, visto il risultato, sanno di poter contare su un sistema solido e di cui potersi fidare.

Gli investimenti devono crescere, perché i servizi sul territorio sono ancora parziali, con una copertura stimata pari al 70%, ma i segnali consentono un moderato ottimismo. La consapevolezza non restituirà alle pazienti l’Ospedale Valdese, però permette di pensare che gli anni di sforzi e informazione non siano stati compiuti invano.